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Senza un ‘populismo progressista’ l’Europa è spacciata

Le elezioni europee sono alle porte: 22-25 maggio 2014. Il danno provocato all’immagine dell’Europa dalle politiche europeiste neoliberali di gestione della moneta, della fiscalità, del bilancio e dell’austerità per contenere il debito pubblico, fa presagire che l’astensione e la polarizzazione potranno prevalere. Già nelle ultime elezioni europee del 2009 l’affluenza era stata del 43,09%, arenandosi al minimo storico da quando si vota per eleggere i rappresentanti a Bruxelles. La tornata elettorale del 2014 potrebbe portare ad un ulteriore abbassamento della percentuale dei votanti che si dividerebbero tra gli europeisti dichiarati – popolari, socialisti e democratici – gli euroscettici e anti-euro – in quasi tutti i paesi dell’UE sono presenti importanti movimenti e partiti – e infine gli euro critici – una nebulosa che si sta aggregando, forse, attorno al leader greco Tsipras, che piace in Italia a Sel, ai federalisti spinelliani, e a vari movimenti della sinistra più radicale. Il risultato potrebbe esprimere la volontà di circa il 35% degli aventi diritto, una evidente minoranza, dando luogo ad un Parlamento europeo in cui il ‘blocco di potere’ europeista avrebbe difficoltà a formarsi stabilmente.

Un tale risultato sarebbe la condanna per l’Europa democratica ad essere surclassata dal ‘potere’ dei governi che da anni hanno ormai ‘ingabbiato’ il sistema comunitario europeo, creando un sistema parallelo, e più efficiente, di un’Europa federal-egemonica su base intergovernativa.

E’ finita “L’illusione europeista”?

Una serata organizzata dal M5S mette a confronto il “rivoluzionarismo” di Dastoli e il “populismo buono” di Raffone

Si chiude un ventennio “di illusione europeista”? Ne è convinto Paolo Raffone, politologo, direttore della Fondazione Cipi, un centro di ricerca sugli affari europei ed internazionali basato a Bruxelles, che ne ha parlato con Pier Virgilio Dastoli, presidente della sezione italiana del Movimento Federalista europeo in una serata organizzata dl Movimento 5 Stelle della capitale belga.

Secondo Raffone “L’Europa comunitaria non esiste più dal 1997, ma la sua agonia iniziò con la dissoluzione scellerata della Yugoslavia nel 1991/92 che coincise con l’approvazione del Trattato di Maastricht. I partiti socialisti e socialdemocratici dell’Europa, convertitisi alle sirene neoliberali, sono i principali responsabili del fallimento politico dell’Europa”.

Da allora in poi una serie di “successivi pasticci” di riforma dei Trattati non furono altro che “esercizi retorici che cercavano di mascherare la morte dell’Europa ‘comunitaria’ che era stata sostituita da quella ‘reale’, di tipo federalista-egemonico. L’Unione Europea non esiste se non nella sua realizzazione istituzional burocratica. L’Unione Economica non è stata realizzata, ma al suo posto si è fatta una asimmetrica Unione Monetaria che sta creando danni enormi”.

Concorda in buona parte Dastoli, che ribadendo quanto affermato in un suo recente libro “C’eravamo tanto amati”, dedicato alle relazioni fra l’Italia e l’Europa, spiega che “Il Movimento europeo ritiene che l’involuzione europea è iniziata con il Trattato di Maastricht, fondato sulla convinzione che si poteva costruire un sistema con una moneta unica e un’unica politica monetaria senza gettare le basi preliminarmente di un ordinamento costituzionale europeo fondato sui principi federali della democrazia sovranazionale e della sussidiarietà”.

Per Raffone “i governi degli Stati membri hanno surclassato la Commissione e il Parlamento, creando un sistema parallelo di decisione extra Trattati. Il risultato è che la cittadinanza europea è una finzione, come lo sono le elezioni europee che sono piuttosto dei referendum sui governi nazionali. Questo nonostante il Trattato di Lisbona abbia integrato la Carta dei Diritti, della quale se ne parla pochissimo”. C’è stato anche un cambio generazionale che ha concorso a modificare il funzionamento dell’Europa comune, “La ‘vecchia guardia’ della Commissione – sostiene Raffone – è stata sostituita dopo il 2001 da tecnocrati senza anima e sentimenti, tra allargamenti e scuole di commercio. Tuttavia la cittadinanza europea è un bel mito, ma tale resta”.

“Il progetto Spinelli del 1984 proponeva di realizzare prima l’unione politica e poi l’unione economica e monetaria”, ricorda Dastoli, secondo il quale però “ha prevalso invece il falso federalismo neoliberale alla Hayek in cui si toglie potere agli Stati nazionali non per affidarlo a istituzioni democraticamente legittimate ad assumere decisioni collettive ma ad agenzie indipendenti vincolate da trattati intergovernativi. fuori dal controllo della politica e della democrazia”.
Conclude Raffone che “nella situazione attuale l’Europa deve scegliere tra due egemonie, l’una tedesca e l’altra americana. Solo un accordo americano-russo, una Yalta2, permetterebbe all’UE di restare insieme. Non sarà certo una moneta senza stato a tenere insieme i popoli europei! La Yugoslavia è stata frammentata, l’Ucraina rischia di dividersi, e l’UE segue subito dopo. Si chiude un ventennio, quello dell’illusione europeista”. L’unione è però qualcosa che serve all’equilibrio di tutto il mondo, “ma dobbiamo essere capaci ad assumere il ruolo che si attende da noi. L’alternativa è la nostra sparizione geopolitica. Sul piano sociale ci potranno essere violente rivolte, ma la ricchezza accumulata dalle nuove classi egemoni è intatta, anzi cresciuta. Quindi, senza un progetto politico nuovo il futuro è quello della lumpen proletarizzazione dell’80% dei cittadini europei”.



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