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Sulla “entente cordiale” all’italiana

Ispirati dalla storicamente nota “entente” franco-britannica, anche in Italia si chiude un ventennio di combattimenti intermittenti tra gli eredi della corona che erano divisi nel campo dei “moral-progressisti” e degli “immoral-conservatori”. Oltre all’immediata preoccupazione di garantire la continuazione dell’espansione colonizzatrice nell’apparato dello Stato italiano, e la formalizzazione della coesistenza pacifica dei due campi nella cogestione degli affari pubblici e privati che dura dalla Waterloo socialista e democristiana del 1991, c’è da aspettarsi che la “entente cordiale” si arricchisca di due ulteriori patti, l’uno tra i “moral-progressisti” e i vari gruppuscoli di “lotta e di governo” e l’altro tra gli “immoral-conservatori” e gli “sfascisti-innovatori”, per dar vita ad una Triplice Intesa che, come la più storicamente nota, porterà all’esplosione di un vasto conflitto nazionale se non europeo. Anche ai tempi della storica “entente” le parole usate erano di “una cordiale, buona intesa”, proprio come abbiamo sentito da Renzi e Berlusconi. Una nuova vita è iniziata per i due campi politici. La questione sarà di vedere quando e chi sarà il Chamberlain italiano che farà precipitare la Triplice. Preoccupati da una tale eventualità, i nostri eroi hanno stipulato vari accordi a protezione della “entente”.

Primo fra tutti è una legge elettorale che “garantisca la governabilità”, ovvero la cogestione colonialista degli affari pubblici e privati italiani, ai due campi politici ora alleati. Il lignaggio di Enrico Letta dovrebbe essergli sufficiente per essere riconfermato a capo di un nuovo “governo degli alleati”. D’altra parte era stato chiamato a ricoprire l’alto incarico proprio in nome di “larghe intese” tra i due campi che ora sono formalmente alleati.

Quasi certamente, un secondo accordo riguarda il “riconoscimento reciproco delle sfere di influenza” sul sistema pubblico e privato italiano. Infatti, a breve si dovranno sbloccare le nomine per una serie di importanti incarichi nei consigli di amministrazione di enti e società di rilevanza strategica nazionale.

Altri accordi riguardano, con buona probabilità, le riforme di settori chiave dell’esercizio del potere statale, dalla giustizia all’apparato di sicurezza, dal sistema bancario alla Cassa Depositi e Prestiti, dalle parti sociali al sistema previdenziale. Complice “l’uscita dalla crisi” su questi settori l’intervento sarà presentato come inevitabile per agganciare la “ripresa” e quindi rilanciare il sistema Italia che deve arrivare “riformato” all’apertura della vetrina dell’Expo 2015. Di buoni affari per tutti ce ne saranno molti, non c’è da dubitarne.

Infine, resta il nodo europeo. Che negli alleati della “entente”, ma anche nella Triplice, ci sia un fondato risentimento verso il rinnovato asse franco-tedesco è cosa certa. Tuttavia, non converrà entrare in rotta di collisione verso i partner europei che, come già avvenne nel 1914, ci trattano con una certa, giustificata, dose di preoccupazione e scetticismo. Ma i due alleati della “entente” sono anche in ottime relazioni con il grande paese d’oltre oceano che fortunatamente fornisce loro una “uscita di sicurezza” dal giogo del Reich europeo. La presidenza di turno dell’UE sarà la migliore occasione per stemperare il nodo europeo in un vasto accordo di libero scambio transatlantico e mostrarne i roboanti frutti nel 2015.

Andrà tutto bene? C’è solo da sperare di non ritrovarci come nel 1915, con alleanze invertite e una guerra in casa e alle porte.

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