Risale al 10 gennaio l’annuncio di Philip Morris di un investimento per 500 milioni di euro finalizzato alla costruzione nell’hinterland di Bologna della prima fabbrica per la creazione di prodotti a rischio ridotto a base di tabacco. Uno “stabilimento pilota” che punta a produrre entro il 2016 30 miliardi di sigarette, coinvolgendo 600 persone nelle proprie attività. L’iniziativa del gigante industriale, forte in Italia del 50 per cento delle vendite a fronte del 30 di British American Tobacco e del 20 degli altri player, conferma la vitalità e il rilievo del mercato del tabacco nell’economia nazionale, malgrado le critiche riguardanti gli effetti nocivi dei suoi derivati per la salute.
LA CONTRAZIONE DEL GETTITO FISCALE
Tuttavia le cifre relative all’andamento del settore non sono troppo incoraggianti. Nel 2013 lo Stato ha perduto 730 milioni di euro in imposte sulla vendita del tabacco. Mentre tra gennaio e novembre il gettito fiscale, pari a 9.550 milioni, ha segnato un calo di 536 milioni equivalente a un -5,3 per cento rispetto al 2012. Ma i dati più preoccupanti riguardano gli ultimi 10 anni, con una contrazione delle vendite per 21 milioni di chilogrammi di cui oltre 10 tra il 2012 e il 2013. Le 56mila aziende del comparto, con i loro 150mila lavoratori, devono far fronte così a 100 milioni di mancati ricavi per l’anno appena terminato.
LE CAMPAGNE CONTRO IL FUMO
Molte, a giudizio degli operatori, imprenditori e analisti, le cause della contrazione produttiva e della riduzione dei profitti. A rientrare nello j’accuse di coltivatori e industrie del tabacco sono le campagne contro il fumo, che provoca ogni anno la morte prematura di 6 milioni di persone nel pianeta, portata avanti dalle istituzioni internazionali, europee e italiane. Campagna che a loro giudizio si è trasformata in una “crociata proibizionista” tesa a criminalizzare un intero settore.
Ad alimentare le preoccupazioni degli operatori è in primo luogo l’esame di una direttiva comunitaria che prevede il divieto di produzione e vendita delle sigarette formato slim e arricchite con vitamine e aromi, dei pacchetti da 10, e l’esposizione di avvertenze sanitarie con immagini choc impresse sul 65 per cento della confezione. La direttiva sarà a breve approvata dal Consiglio e dal Parlamento europeo, e sarà poi recepita dai singoli Stati membri. Misure che per i gruppi industriali del tabacco spingerebbero una porzione rilevante di fumatori, pari al 20 per cento del mercato, all’acquisto di prodotti illeciti a prezzi più bassi. Contribuendo ad arricchire i circuiti del contrabbando e della contraffazione.
IL MERCATO ILLEGALE
Fenomeno, quello della produzione (contraffazione) e della vendita illegale di sigarette (contrabbando), che nel primo trimestre del 2013 ha rappresentato il 9,6 per cento del volume di pacchetti acquistati – +300 per cento a confronto con il 2011 – con un danno per le casse dello Stato stimato in 1,4 miliardi di euro. Cifre cui vanno aggiunte perdite di 215 milioni per la filiera produttiva e di 185 milioni per i tabaccai. Ma l’impennata di prodotti illegali (contrabbandati e contraffatti) – nel 2012 sono state sequestrate 294 tonnellate di sigarette immesse sul mercato nero, in aumento del 20 per cento rispetto all’anno precedente – viene messa in stretta correlazione con fattori legati a scelte politiche. Perché il ricorso al mercato illegale di “bionde” è letteralmente esploso ai livelli degli anni Ottanta a seguito dell’aumento IVA stabilito nel 2011.
LUCI E OMBRE DEL MERCATO DEL TABACCO ITALIANO
La fotografia più completa sullo stato di salute della filiera del tabacco è stata scattata nel Rapporto del luglio 2013 realizzato dall’Istituto Nomisma. Nel 2012 le superfici coltivate a tabacco in Italia sono scese a 15.106 ettari, un terzo in meno rispetto al 2011, e la produzione è calata a 51.309 tonnellate, per un -27 per cento. Un crollo registrato soprattutto in Veneto, con un dimezzamento a confronto con la precedente stagione. Le ripercussioni negative sono visibili nella vendita di sigarette, diminuita dell’8 per cento per un totale di 78,8 milioni di kg: livello che non si toccava dal 1973.
Uno scenario preoccupante per un comparto strategico, con 19 miliardi di fatturato dei quali 14,2 legati alle entrate fiscali, un bacino di oltre 204mila occupati e un indotto di 190mila addetti. L’Italia è il primo produttore ed esportatore europeo di tabacco grezzo per oltre 89mila tonnellate, pari al 21 per cento a livello comunitario. Il Prodotto interno lordo di due regioni come Campania e Umbria è legato in modo nevralgico alla raccolta. E le risorse garantite all’Erario nel 2012, grazie a un prelievo fiscale formalmente del 60 per cento ma in realtà del 75 per cento comprendendo l’IVA, hanno raggiunto 14,2 miliardi di euro, il 6 per cento degli introiti totali derivanti da imposte indirette.