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Analisi filosofica dei “Vaffa” di Grillo

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Gianfranco Morra apparso su italia oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

Ancora accese sono le polemiche sul blog dei grillini: «Cosa faresti in auto con la Boldrini?». E ancor più sulle risposte, che rivelano odio e degradazione. La condanna è stata quasi unanime, soprattutto per finalità politiche: indebolire un non-partito, che siede in parlamento solo per impedirgli di funzionare e, come i bambini psicopatici, sa dire sempre e soltanto di no. Eppure è ancora quotato al 20%. Giusto. Ma il discorso più importante è un altro, non politico, ma antropologico: questo uso delle parolacce trasgressive riguarda solo i grillini? O non è piuttosto un malcostume, presente, anche se frenato per calcoli di utilità, in tutti i settori della vita nazionale?

COME E’ NATA LA CIVILTA’

Per rispondere basta chiedersi come è nata la civiltà: quando la religione, per mezzo dei grandi legislatori (Mosé, Numa Pompilio, Cristo, Maometto), ha imposto la distinzione tra lecito e illecito, tra «fas» e «nefas». I grandi «istituti dell’incivilimento» (Vico), «nozze, tribunali ed are» (Foscolo), sono gli strumenti del «fas» (da cui «fausto») e della condanna del «nefas» (da cui «nefando»), che significa proibito dalla religione e dalla morale. Prescrizioni e divieti, nelle diverse civiltà, non sono gli stessi; e alcune culture accentuano i «tabù», altre danno più spazio alla scelta; ma una società priva delle due cose non può esistere, in quanto manca di coesione e solidarietà.

LA TRASGRESSIONE LINGUISTICA

Anche nella società occidentale il rifiuto della trasgressione linguistica è durato sino all’Ottocento. Ancora le «belle époque», se pur laica e liberale, rispettava kantianamente la legge del dovere. Anche nel linguaggio. Non senza una certa contraddizione morale, dato che i costumi non corrispondevano sempre a questo rigorismo. Ma certo il liberalismo era il tentativo di realizzare le virtù cristiane senza bisogno di credere in Dio. Con la fine del «mondo di ieri» (Zweig) prende il via (dadaismo, futurismo, espressionismo, surrealismo, psicanalisi di sinistra) la profanazione del linguaggio, l’uso della parolaccia e della bestemmia.

I CATTIVI MAESTRI

Nel nostro Paese ciò è accaduto con due eventi importanti, la scolarizzazione generale ed il prevalere, negli istituti scolastici, dei «cattivi maestri» della contestazione. Che non fu un fenomeno politico, ma il trionfo di un nuovo stile di vita: fine dei tabù, fantasia al potere, rivoluzione sessuale, l’uccisione dei quattro padri (Dio, genitore, maestro, sacerdote). Dalla distruzione degli anni Settanta la scuola italiana non si è mai ripresa, il cosiddetto «riflusso» non è stato un recupero di valori, ma il trionfo dell’indifferentismo e del nichilismo. Non è certo un caso che gli eletti nel M5S siano stati «educati» in una scuola del genere. E che il «logos» del loro movimento non sia più propositivo di valori, come era nei partiti di massa (socialismo: «proletari di tutto il mondo, unitevi»; popolarismo: «liberi e forti»), ma una apologia del pornolalico («Vaffanculo»).

LE COLPE DELLA FAMIGLIA E DELLA TV

Di fronte a questa distruzione, che non fu solo quella giusta degli interessi e delle falsificazioni dei privilegiati, la famiglia non è stata capace di reagire. Anzi, si è adattata e trasformata. Una volta vi si imparavano le «buone maniere». Oggi, troppo spesso, non è più così. Una parolaccia ogni tanto fa parte della comunità familiare («babbo, che palle», «mamma, non rompere»). L’eufemismo non è più di moda, trionfa la «sincerità». La TV presenta filmati e serial dove la parolaccia è la norma, altro che «ore protette». I Codici sono stati cambiati: turpiloquio e bestemmia (tanto diffusa negli ambienti sportivi) non sono più reati. E le proteste sono pressoché inesistenti.

IL SENSO DEL PUDORE PERDUTO

La scatologia e la pornolalia dei grillini non sono l’eccezione, ma la regola, sono soltanto la punta di un iceberg di indifferentismo morale, che riguarda tutta la società italiana. Un tempo era un fenomeno maschile, soprattutto in ambienti come osterie, caserme, postriboli. Oggi è stata conquistata anche dalle donne, che si sentono più «uguali», e dai ragazzi, che si mostrano «grandi». Alla sua base c’è il largo esaurirsi del «senso del pudore». Anche se proprio la vasta diffusione della pornolalia la banalizza e ne riduce le finalità per cui viene usata: dissacrazione, aggressività, trasgressione. Diceva Dostoevskij che «se Dio è morto, tutto è permesso». Possiamo sostituire Dio con «legge del dovere» (Kant), ma le cose non cambiano. Già Vico aveva notato che le civiltà, quando perdono i loro valori fondativi, decadono nella «barbarie della riflessione», assai più negativa della antica «barbarie del senso», in quanto rende gli uomini «bestie immani in una somma solitudine d’animi».

IL DISPREZZO PER IL PROSSIMO

Non è tanto la pornolalia che preoccupa, ma ciò che ci sta sotto: che è il disprezzo per il prossimo, non più rispettato «come fine» (Kant), ma considerato o un ostacolo da eliminare o uno strumento di cui servirsi. Dobbiamo augurarci e, ancor più, operare perché questo «civil malore» (Vico) venga arrestato.

Leggi l’articolo su Italia Oggi


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