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I giovani devono essere il nuovo Terzo Stato contro la tirannia della finanza. Parola del “Diavolo” Guido Brera

“Nella sala operativa di un investitore finanziario c’è il riflesso del mondo, nelle luci e nei suoi lati oscuri. Ma il mondo esterno è ignaro dei riflessi che quella sala operativa potrà avere sulla vita di milioni di persone”. È uno dei passaggi cruciali del libro “I Diavoli. La finanza raccontata dalla sua scatola nera”, romanzo edito da Rizzoli e scritto da Guido Brera, fondatore e amministratore della società di gestione patrimoniale Kairos Partners e della ONLUS Oliver Twist, impegnata nel fronte del disagio giovanile.

Brera possiede anche nei tratti somatici la brillantezza e l’intraprendenza dell’operatore attivo nel mercato dei capitali di rischio. Eppure, raramente nel mondo della Borsa e delle attività finanziarie l’opinione pubblica ha avuto l’opportunità di ascoltare critiche così radicali allo strapotere dei circuiti internazionali di denaro e all’ideologia neo-liberista che ne ha costituito l’architrave culturale.

LE RAGIONI DEL LIBRO

Nella forma di un lungo racconto, l’autore ha voluto mettere a nudo la lucida spietatezza dei comportamenti delle élite economiche che a suo giudizio esercitano sugli Stati e sui popoli l’unico vero potere nel nostro tempo. Lo fa svolgendo un’analisi dei riflessi della crisi bancaria del 2007 sulle fragilità del debito sovrano dei Paesi europei, tra cui l’Italia. Un fenomeno che, spiega Brera, mette a repentaglio la sopravvivenza dell’Occidente così come l’abbiamo conosciuto. Perché in gioco è l’idea stessa di benessere, progresso, emancipazione, eguaglianza delle opportunità, dignità del lavoro, che hanno rappresentato il vanto della nostra cultura.

L’ILLUSIONE NEO LIBERISTA

È a rischio, in altre parole, il futuro e la speranza del vasto ceto medio trascinato nello spettro dell’impoverimento. Per tale ragione Brera ha scelto di rivolgersi a una platea di studenti, presentando il volume nel Liceo scientifico “Federigo Enriques” di Ostia in un’iniziativa organizzata dall’insegnante di italiano e latino Lucia Guglielmi. E per lo stesso motivo si richiama a una frase pronunciata dall’economista Jean Paul Fitoussi, critico dell’austerità per gli effetti negativi su sviluppo e lavoro: “Alle nuove generazioni dovremo chiedere scusa per scelte assunte negli anni precedenti”. Scelte che per l’investitore finanziario hanno una matrice ben precisa: la filosofia neo-liberista anglo-americana, che pone l’accento sull’individuo ma in realtà lo imprigiona nell’illusione di scegliere con gli strumenti creditizi sostitutivi dello Stato.

ALL’ASTA DI BOT COME A UNA DISCOTECA

Il risultato è un indebitamento privato crescente, e il rinchiudersi dei cittadini nelle proprie enclave con la perdita della condivisione del bello e delle ricchezze comuni. La pagina forse più emblematica di una simile deriva è la sua descrizione delle aste dei titoli di Stato successive all’esplosione della crisi: “Grazie a sottili metodi di persuasione psicologica, esse assomigliano a una discoteca dall’apparenza sfavillante che alimenta notevoli aspettative ma in realtà copre un vuoto e uno squallore desolanti”.

I MOTIVI DELLA TEMPESTA IN ATTO

La tempesta che stiamo vivendo, rimarca Brera, è ben più grave delle bolle speculative a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta. Bolle che riguardavano le nuove tecnologie informatiche, mettendo in moto enormi investimenti su aziende private che possono fallire. Cinque anni fa, invece, la febbre speculativa ha coinvolto il debito sovrano degli Stati. Per cui la finanza, grazie al salvataggio obbligatorio delle banche da parte dei governi, ha egemonizzato l’economia reale, il lavoro, ogni aspetto della vita. Nella nostra esistenza tutto, anche gli affetti e i legami familiari, viene valutato in termini di costi e benefici.

IL VALORE BENEFICO DEL DEBITO PUBBLICO

Ma poi, rileva l’autore sfidando i parametri di bilancio predominanti nell’Unione Europea, è così disastroso un elevato debito pubblico? La sua valutazione è controcorrente: “L’enorme passivo nei conti dello Stato italiano fino al 2008 ha promosso crescita e redistribuzione della ricchezza. Fatta eccezione per la corruzione e clientelismo nell’utilizzo delle risorse ad opera del ceto politico, è stato il motore per allargare l’accesso dei cittadini ai servizi universali e creare della classe media”. A partire dal 2008, precisa Brera, esso si è trasformato in strumento per comprimere le retribuzioni e impoverire quelle fasce sociali, a vantaggio di un’élite finanziaria privilegiata, come negli Usa in cui 49 milioni di cittadini vivono grazie ai buoni pasto dell’assistenza governativa.

LA RIVOLUZIONE NECESSARIA DELLE NUOVE GENERAZIONI

Ai suoi occhi nulla è avvenuto per caso. Tutto ciò, spiega, è il frutto deliberato dell’iniziativa concepita da un establishment che con il corredo culturale neo-liberista tende a ridurre a sudditi interi popoli. Perché una “fabbrica” di persone indebitate, di partite Iva prive di garanzie, di individui facilmente ricattabili, non scenderanno mai in piazza a manifestare la loro rabbia. E non costituiranno mai il nucleo del Terzo Stato consapevole della propria forza, dignità e potenzialità politica, protagonista di ogni autentica rivoluzione. Per invertire la rotta egli ritiene necessario tornare alla finanza dell’età umanistica, nell’accezione etica originaria di orientare le risorse per premiare progetti e idee.

COME POTRA’ RIPRENDERE IL VERO SOGNO AMERICANO

È così che potrà riprendere corpo il “sogno americano” dell’emancipazione economico-sociale di chi non ha, dell’ascensore sociale diffuso e alla portata di tutti. Non il far soldi fine a se stesso, il produrre denaro con denaro. E soltanto così, afferma Brera, potremo ricucire la frattura generazionale tra giovani e anziani, tenendo intatto il tessuto civile alla base dello Stato. Il che vuol dire lavorare oggi per contribuire alle pensioni di chi ha smesso la propria attività e per costruire la mia previdenza.

EURO: NEMICO O OPPORTUNITA’?

Tuttavia l’Italia è inserita in un’architettura europea di economie differenti ancorate da oltre 10 anni al cambio fisso della valuta unica. Costruzione monetaria che ad oggi ha favorito oltre ogni limite le esportazioni della Germania libera dall’obbligo di rivalutare il marco. Basta pertanto superare i vincoli del Fiscal Compact, promuovere lo sforamento del 3 per cento nel rapporto tra deficit e PIL, conferire alla BCE il ruolo di prestatore di ultima istanza a garanzia dei debiti sovrani per la rinascita produttiva? O è più che mai urgente recuperare la sovranità monetaria, magari percorrendo la strada dell’euro a due velocità prospettata da Beppe Grillo?

Brera respinge le tesi più radicali, preferendo approfittare dell’adesione all’Unione economico-monetaria per cambiare l’Italia con riforme serie ed effettive, dalla pubblica amministrazione a un lavoro in grado di promuovere una produzione di qualità. Risanando i conti e realizzando investimenti mirati. Gli interventi strutturali a lungo invocati e mai portati a compimento. Vero banco di prova per l’esecutivo di Matteo Renzi.



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