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Che cosa pensa di F-35 e di Difesa il nuovo sottosegretario Domenico Rossi

Domenico Rossi, Ufficiale dell’Esercito Italiano, Generale di corpo d’armata, già Sottocapo di Stato Maggiore dell’Esercito e capogruppo di Scelta Civica in commissione Difesa della Camera è da oggi il nuovo sottosegretario alla Difesa del governo Renzi.

GLI F-35
Uomo di esperienza, non ha mancato in passato di prendere posizione su dossier delicati come quello degli F-35, i caccia prodotti dall’americana Lockheed Martin con la partecipazione anche di Alenia-Finmeccanica e altre aziende italiane. Quando mesi fa il Pd si fece promotore di un’ulteriore riduzione dei velivoli da acquistare (ad oggi 90) e Sel e M5S intendevano addirittura portare all’interruzione immediata della partecipazione italiana al programma di acquisizione e costruzione dei caccia, Rossi dichiarò: “Chiudiamo l’aeronautica militare? L’Italia è un ponte sul Mediterraneo con chilometri di coste e di spazio aereo da controllare, anche con F-35. Del resto, un dato è riconosciuto da tutti: in 20 anni 236 aerei che ora svolgono quelle funzioni non avranno più capacità operativa. Non si tratta di dare il placet ad un programma da avviare“.

A DIFESA DELL’INTERESSE NAZIONALE
Per Rossi, che si è fatto finora promotore di un dibattito sulla necessità di mantenere standard di Difesa adeguati ad un Paese con la capacità economica e la proiezione internazionale dell’Italia, “la Difesa ha già dato un grande segno d’attenzione al costo del programma. I 90 F-35, d’altra parte – spiegò in passato -, sono il numero minimo indispensabile per garantire il ritorno occupazionale ed industriale garantito dai 131 caccia”. Sottolineando come il ritorno per l’economia italiana sia importante, perché “le aziende nazionali coinvolte (nel programma del velivolo) sono sessanta, senza contare i subfornitori. C’è quindi uno sforzo industriale a tutto campo”.

UN NUMERO CONGRUO
La quota 90, secondo il generale, “è una riduzione che non mette a rischio né le capacità operativa dell’Aeronautica militare né quelle occupazionali”. E per sostenere i costi di manutenzione che si profilano elevati, come ha sottolineato anche il Pentagono, “si potrebbero creare delle sinergie di carattere internazionale, specie con le portaerei europee, per trovare delle economie di scala”.



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