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Ue al redde rationem sull’obbligo di Csr

La Corporate social responsibility (Csr) obbligatoria in bilancio si gioca domani un pezzo di futuro al Consiglio Ue. Sono settimane e giorni determinanti, infatti, quelli in arrivo, per vedere se l’Unione europea deciderà di imporre alle imprese la rendicontazione obbligatoria sugli aspetti sociali e ambientali della loro attività.

Questo, infatti, è quanto chiede la proposta di direttiva presentata la scorsa primavera, che per la prima volta introdurrebbe, appunto, un obbligo in capo alle maggiori aziende del continente. Una partita, però, che non è ancora chiusa. E con la scadenza elettorale europea di maggio che impone che il provvedimento riceva gli ultimi, decisivi lasciapassare entro le prossime settimane. Altrimenti se ne riparlerà nella prossima legislatura.

La proposta riguarda nello specifico le grandi imprese. Quelle con più di 500 dipendenti e un fatturato superiore ai 40 milioni di euro, il che si stima significherebbe coinvolgere circa 18mila imprese in Europa.

GIOCHI DIETRO LE QUINTE

Ma proprio questo, secondo quanto spiegato da Impronta Etica in merito ai giochi dietro le quinte, è uno dei punti del contendere. Su cui, cioè, pare non vi sia ancora uniformità di vedute in sede europea. Ci sarebbero, infatti, posizioni favorevoli a prevedere l’obbligo solo per le società quotate, restringendo il campo di applicazione a circa 5mila imprese. Altri, invece, vorrebbero abbassare l’asticella per includere aziende anche un po’ meno grandi, così da estendere al contrario la platea di quelle interessate.

Un altro punto oggetto di trattativa in questa fase riguarda l’implementazione della proposta: è stata infatti sollevata la necessità di elaborare un piano di azione per facilitare e supportare il lavoro delle imprese nel processo di rendicontazione a livello nazionale. A questo proposito Csr Europe, il principale network imprenditoriale continentale attivo nella promozione della csr, ha incontrato il commissario europeo Michel Barnier (al Mercato interno), insieme alla Presidenza Ue greca, al Gri, all’Iirc e al Wbcsd, per proporre appunto l’adozione di un piano di azione, con l’obiettivo di aiutare le imprese coinvolte a raggiungere l’adeguata maturità e trasparenza. E in favore di una rendicontazione di sostenibilità che sia di qualità.

Nei mesi scorsi, poi, c’è chi aveva ipotizzato di collegare alla proposta anche la delicata questione del country-by-country reporting, che viene considerato uno strumento importante, forse decisivo, nel contrasto alle pratiche (per esempio il transfer pricing) con cui le imprese multinazionali riescono in sostanza a smistare i propri profitti verso i Paesi a regime fiscale più favorevole, fra quelli in cui sono presenti, se non proprio verso i paradisi fiscali. Sebbene legittime, infatti, tali pratiche sono controverse in una prospettiva di responsabilità sociale. Ma è probabile che il country-by-country reporting resterà fuori.

Come sempre in questi casi, insomma, si dovrà trovare un compromesso. Tenendo presente che la proposta prevede la formula del “comply or explain”, vale a dire che le richieste informative si possono anche non soddisfare, ma si deve spiegare perché. Da una parte ci sono coloro che vedono in questo obbligo di rendicontazione solo un ulteriore fardello burocratico e un costo per le imprese. Dall’altra, quelli che lo ritengono un primo, indispensabile passo per promuovere la diffusione sistemica della responsabilità sociale d’impresa o csr, anche ai fini di una maggiore trasparenza del mercato e della stessa competitività delle imprese, che sempre più si fanno concorrenza su scala globale anche in termini di performance di sostenibilità.

LE TAPPE, E TEMPI STRETTI

A dicembre la proposta è stata approvata dalla commissione Giuridica del Parlamento europeo. Ma l’iter ha ancora altre tappe da superare. Domani, mercoledì 19 febbraio, in particolare, sul testo della proposta è previsto il voto del Consiglio Ue. Un passo importante. Dopodiché si potrà guardare alla scadenza del 15 aprile: in quella data è previsto il voto in plenaria del Parlamento europeo sul testo della proposta. In merito, la Commissione Ue e la Presidenza Ue greca stanno negoziando il possibile testo finale della direttiva da portare al voto. Ma non sarà ancora la fine. Perché successivamente al voto parlamentare, il Consiglio Ue dovrà a sua volta approvare la proposta. Il tutto, come detto, prima della tornata elettorale di maggio. Tempi abbastanza stretti, insomma.

IL RUOLO ITALIANO

Da ricordare che in questa partita l’Italia potrà giocare, anzi, sta già giocando un ruolo di rilievo attraverso i suoi rappresentanti eletti a Bruxelles. Il relatore per il Parlamento europeo sulla proposta di direttiva è l’on. Raffaele Baldassarre. Ma a seguire da molto vicino i lavori, per la commissione al Mercato interno e alla tutela dei consumatori, è anche l’on. Sergio Cofferati.



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