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Culti (e “mid-culti”) accademici

Una postilla a ciò che scriveva Alfonso Berardinelli, ieri, sul “Foglio”: sono anni che la più efficace critica culturale, che è anche critica sociale, va sostenendo posizioni simili alle sue, ma c’è da riflettere su che cosa sia diventata, in Europa, la formazione universitaria.

Se si va a selezionare uno studente medio, proveniente da un qualsiasi ambiente umanistico, le probabilità che egli si lasci “affascinare” dalla sedicente arte di “maestri” quali Duchamp e Warhol sono altissime, perché gli stessi docenti sono cresciuti all’interno di un’accademia largamente schiava dei più triviali meccanismi del “mid-cult”. Probabilmente, è su tali istituzioni che le mode agiscono nella maniera più sottile e insidiosa, e c’è poco da stare a criticare la deriva pubblicitaria dei media: succede di peggio, là dentro. Conosco eruditi che si sdilinquiscono per Peter Sloterdijk o Slavoj Zizek che, interrogati sui motivi delle loro preferenze, farfugliano e non sanno che cosa rispondere: una “philo-star” va ammirata e basta, “e di più non dimandare”.

Peraltro, è stato ampiamente investigato il legame che unisce le avanguardie, siano esse artistiche o del pensiero, agli esperimenti totalitari del secolo scorso. Ma, se questi ultimi sono, quasi unanimemente, esecrati, lo stesso non vale per le prime. Eppure, il loro messaggio è comune: “Tu, fruitore-elettore, fai un po’ schifo, e la tua vita è un fallimento. Da’ retta a noi, e prova a trasformarti, segui i nostri comandamenti. Se non riesci a capirci, il problema è tuo: modifica il tuo apparato sensoriale, che è difettoso. Applaudi la nostra arte e dacci il voto. Dopodiché, sarai al passo con i tempi, temuto e rispettato: come tutti”.


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