Giovanni Toti, Marina Berlusconi. Sono i due nomi, il primo già in organico il secondo solo sussurrato, che caratterizzano il nuovo corso di Forza Italia. Ma come coinvolgere quel 65% di italiani che non sono di sinistra? Delle prospettive federative nell’ottica di una Casa delle Libertà 2.0, Formiche.net ne ha discusso con un forzista storico, Giancarlo Galan, già governatore del Veneto, ex ministro e con un passato in Publitalia. Galan ragiona sulla futura composizione del centrodestra all’indomani dell’endorsement di Pierferdinando Casini. E lancia il nome di Ennio Doris come possibile federatore.
Il progetto terzista/centrista crede sia stato archiviato dall’accordo sull’Italicum?
Lo spero e non solo in virtù della nuova legge elettorale, ma soprattutto dopo vent’anni di tentativi che sono falliti. In ogni democrazia bipolare, in modo particolare in quella anglosassone, il centro è luogo di dibattito non la sede di partiti politici. Negli Usa i Repubblicani strappano voti ai Democratici anche su politiche centriste, i Laburisti in Gran Bretagna vincono se portano via ai conservatori voti sull’asse di centro. Sino ad oggi abbiamo sempre avuto un bipolarismo falso, in cui si era costretti ad allearsi con le estreme (Verdi e Rifondazione da una parte, destra e Lega dall’altra), lasciando spazio così ad illusioni centriste.
Pinuccio Tatarella vent’anni fa invitata a costruire un contenitore politico per il 65% di italiani non di sinistra: oggi come proseguire quello spunto?
C’è riuscita solo una persona negli ultimi due decenni: Silvio Berlusconi. Adesso non può più fare il premier, perché glielo hanno impedito per via giudiziaria. Occorre trovare qualcuno che possa riscuotere la fiducia di tutti gli attori di quel mondo.
Al di là della percezione personale su nomi come Giovanni Toti e Marina Berlusconi, che profilo dovrebbe avere il nuovo federatore?
Non conosco abbastanza Toti e non mi permetterei mai i dare un giudizio sul singolo. Gli auguro di essere il Tony Blair della politica italiana ma non so se ce la farà. Anche fra quelli che ci sono, credo che ci sia più d’uno in grado di federare e costruire un patto con quel 65% di italiani. Ma io non guardo alla carta di identità. Per cui mi chiedo: uno come Ennio Doris non sarebbe in grado di fare il premier rappresentando quel mondo? Non è mica necessario un giovane a tutti i costi.
Matteo Renzi si è preso il Pd ma ha difficoltà nelle alleanze con Sel, Forza Italia vive un contrasto intestino ma potrebbe ripetere o schema del ’94: oggi chi vincerebbe?
Non credo che Renzi sia maggioranza nel suo Pd, è ancora debole nel centrosinistra per via della vecchia nomenklatura dell’apparato di passata memoria, quello che noi liberali epitetiamo come stalinista. Ha contro la Cgil e il sistema dei privilegi che si incardinano nelle cooperative, quindi è lì che dovrebbe vincere la sua battaglia prima. Vorrei ricordare che le stesse parole di elogio sperticato che si usano oggi per Renzi, sono le stesse che si usavano 15 anni fa nei confronti di Veltroni. Salvo poi buttarlo giù, come fecero venti membri del Politburo del centrosinistra. E dell’ex sindaco di Roma non si sentì più parlare.
Possibile una lista unica alle europee che vada da Berlusconi ad Alfano, passando per Mauro e Casini?
La escludo e l’ho sempre contestata al pari del concetto incarnato dal Pdl. Non c’è alcun bisogno di confluire tutti in un unico partito, è sufficiente una federazione. La cancelliera Merkel ha elaborato per più di un mese per approntare il programma di governo assieme a quelli che un attimo prima erano stati i suoi avversari. Da noi il Pd non è neppure riuscito in questo, né al suo interno né all’interno del governo di cui è attore dominante. Non hanno scritto un patto invece ne avevamo bisogno.
Quindi alle Europee ognuno col proprio simbolo?
Certo e ognuno offrirà il proprio contributo, visto che il sistema elettorale lo consente. Quando invece in seguito il sistema obbligherà a stare da una parte o dall’altra, ci sederemo dinanzi a un tavolo e scriveremo un bel programma di governo chiaro con cui ci presenteremo agli elettori. Chi porterà il 4%, chi il 20%, chi il 6%: da lì ripartirà lo spirito di coalizione. Mi sembra una strategia lineare.
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