Le elezioni europee sono alle porte. Dal 22 al 25 maggio prossimi sarà chiaro se i cittadini europei, come teme Bruxelles, condanneranno nelle urne la gestione della moneta, della fiscalità e del bilancio all’insegna dell’ dell’austerità, voluta da Berlino per contenere il debito pubblico dei Paesi periferici dell’Unione.
COME UN REFERENDUM
La tornata elettorale del 2014 potrebbe portare ad un referendum tra gli europeisti dichiarati (popolari, socialisti e democratici), gli euroscettici e anti-euro (in quasi tutti i paesi dell’Ue sono presenti movimenti e partiti che incarnano queste istanze) e infine gli euro critici (uno schieramento ancora indefinito che si sta aggregando, forse, attorno al leader greco Tsipras, che in Italia affascina Sel, alcuni federalisti spinelliani, e a vari movimenti della sinistra radicale).
Questa frammentazione può generare un risultato per cui il Parlamento di Strasburgo non sarebbe più in grado di contare su una forza maggioranza europeista, con esiti imprevedibili.
LA FINE DI UNA STAGIONE?
Per alcuni critici dell’eurorigore come Paolo Raffone, politologo, direttore della Fondazione Cipi, centro di ricerca sugli affari europei ed internazionali con sede a Bruxelles, e Pier Virgilio Dastoli, presidente della sezione italiana del Movimento Federalista europeo, si chiude così una lunga stagione di europeismo.
I due sono intervenuti in un convegno organizzato dalla sezione del Movimento 5 Stelle della capitale belga.
CONTINENTE AL BIVIO
Nel suo discorso Raffone ha spiegato come a suo avviso “l’Europa comunitaria non esiste più dal 1997, ma la sua agonia iniziò con la dissoluzione scellerata della Yugoslavia nel 1991/92 che coincise con l’approvazione del Trattato di Maastricht. I partiti socialisti e socialdemocratici dell’Europa, convertitisi alle sirene neoliberali, sono i principali responsabili del fallimento politico dell’Europa”.
LE MANCATE RIFORME
Da allora tutti i tentativi di riformare i Trattati non furono altro che “esercizi retorici che cercavano di mascherare la morte dell’Europa “comunitaria” che era stata sostituita da quella “reale”, di tipo federalista-egemonico. L’Unione Europea non esiste se non nella sua realizzazione istituzional burocratica. L’Unione Economica non è stata realizzata, ma al suo posto si è fatta una asimmetrica Unione Monetaria che sta creando danni enormi”.
L’INVOLUZIONE EUROPEA
Non diversa l’opinione di Dastoli, secondo cui “l’involuzione europea è iniziata con il Trattato di Maastricht, fondato sulla convinzione che si poteva costruire un sistema con una moneta unica e un’unica politica monetaria senza gettare le basi preliminarmente di un ordinamento costituzionale europeo fondato sui principi federali della democrazia sovranazionale e della sussidiarietà”.
COMMISSIONE SENZA POTERE
Per Raffone “i governi degli Stati membri hanno surclassato la Commissione e il Parlamento, creando un sistema parallelo di decisione extra Trattati. Il risultato è che la cittadinanza europea è una finzione, come lo sono le elezioni europee che sono piuttosto dei referendum sui governi nazionali. Questo nonostante il Trattato di Lisbona abbia integrato la Carta dei Diritti, della quale se ne parla pochissimo”.
UNA NUOVA YALTA
E la soluzione, per il direttore della Fondazione Cipi, non può che passare da una nuova svolta in politica estera. “Nella situazione attuale – conclude – l’Europa deve scegliere tra due egemonie, l’una tedesca e l’altra americana. Solo un accordo americano-russo, una Yalta2, permetterebbe all’Ue di restare insieme. L’euro non è utile a questo scopo”.