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Ecco il manifesto programmatico di Padoan (quasi) ministro dell’Economia

Una vasta e corroborata esperienza internazionale che lo ha portato ad essere consulente della Banca Mondiale, della Commissione Europea e della Banca Centrale Europea; idee chiare in materia fiscale; economista passato dal prestigioso Ocse, e prima dalla docenza di economia all’Università La Sapienza di Roma e direttore della fondazione Italianieuropei. Pier Carlo Padoan, probabile ministro dell’economia del Renzi I, dal 2001 al 2005 è stato direttore esecutivo presso il Fondo Monetario Internazionale, responsabile per Grecia, Portogallo, San Marino, Albania e Timor Leste: come dire che conosce bene “quel” fronte di guerra economico-finanziaria.

SULLE TASSE
Lo scorso luglio Padoan osservava come le tasse che danneggiano di meno la crescita sono quelle sulla proprietà, come l’Imu, mentre le tasse che, se abbassate, favorirebbero di più la ripresa e l’occupazione sono quelle sul lavoro. Il riferimento, comunque, è alle riforme strutturali che “non devono solo essere elencate, ma analizzate in modo da calcolare bene gli effetti che potrebbero causare. Bisogna essere sicuri che gli Stati le facciano davvero. E soprattutto smettere di dare le colpe agli altri Paesi, ma mettersi insieme per risolverli”.

PATRIMONIALE?

Padoan ha detto di recente, come capo economista dell’Ocse: “Abbiamo cercato di dimostrare, con una analisi empirica, il rapporto tra la struttura della tassazione e la crescita, nel senso che ci sono tasse più dannose allo sviluppo (sulle imprese e sul lavoro) e altre meno dannose, come quelle sui consumi e sui patrimoni“.

STAGNAZIONE
Il vero cruccio per Padoan è la stagnazione, che può essere lasciata alle spalle solo se si riusciranno a ricollocare le risorse per migliorare. Sul rischio deflazione sostiene che al momento si tratta di un problema limitato solo ad alcuni Stati, ma se dovesse verificarsi un effetto contagio allora “la Bce deve essere pronta ad affrontarlo”.

RIFORME
Una diversificazione della tassazione non può non fare rima con le riforme strutturali di cui da prima del governo Monti si parla, ma che di fatto nessuno ha realizzato. In occasione di una recente intervista a Lettera43 Padoan alla voce liberalizzazioni e investimenti ha sostenuto che senza investimenti non vi è crescita, il suo giudizio è che per uscire dalla crisi l’Europa dovrà affrontare una serie di questioni ancora aperte. Il riferimento è al calo degli investimenti, «e se non ci sono investimenti non c’è crescita». Ma soprattutto la disoccupazione, conseguenza di quella che è «la più grande recessione dopo la Seconda guerra mondiale».

AZIONE
Guardando al lavoro fatto nell’ultimo biennio alla voce pensioni, Padoan lo definisce “un passo importante, che ha implicazioni anche per il mercato del lavoro, che però deve ancora essere riformato”. E osserva come la riforma Fornero vada “rivista e adattata alla situazione attuale di bassa crescita”. Ma il passo successivo non può che essere nella direzione delle liberalizzazioni, dei servizi pubblici.

MANIFESTO
Più volte in occasione di pubbliche iniziative, ha sottolineato come il problema italiano sia la presenza contemporanea – e deleteria – di un elevatissimo debito pubblico accanto ad una crescita quasi a zero. Ecco la ragione per cui si rende imprescindibile “aggredire le ragioni strutturali che frenano la nostra economia”. Crescita prima che debito, quindi. “Se i mercati sono preoccupati non è tanto per il livello del debito, ma per la velocità con il quale cresce”, ha detto pubblicamente.

FISCO
Padoan ritiene che il sistema fiscale vada assolutamente riformato al fine di detassare il lavoro. E sul job act renziano osservava che per ora “non è che una proposta”.

NUOVO PATTO
In un’analisi pubblicata su Lavoce.info nel 2010, Padoan sosteneva che la disciplina di bilancio dei paesi membri dell’Unione Europea fosse un elemento “necessario e utile”, anche se non basta da solo a ristabilire ritmi di crescita adeguati non solo per vincere la disoccupazione, ma per garantire la stessa sostenibilità dei debiti sovrani dell’area euro. Ciò che predicava, assieme a Giuliano Amato, Richard Baldwin, Daniel Gros e Stefano Micossi, è che fosse necessario “un nuovo accordo politico tra gli Stati membri nel quale anche la crescita sia riconosciuta come priorità e venga promossa con interventi di rilancio del mercato interno, accompagnati da forti investimenti infrastrutturali”. Con l’obiettivo dichiarato di arrivare a più integrazione, non a meno integrazione.

INFRASTRUTTURE PER BENESSERE INTERNO
E accanto ad un meccanismo di salvataggio che entri in funzione in caso di crac sistemici, così come poi è accaduto con il fondo salva stati dopo il quasi default ellenico, ecco che Padoan in quell’analisi metteva l’accento su un altro elemento di spicco: lo sviluppo infrastrutturale come volano per lo sviluppo del mercato interno. Uno scenario che produrrebbe grandi benefici, “rafforzando nel breve periodo la domanda interna dell’area, nel lungo periodo l’output potenziale”.

PREROGATIVE
Ma si tratta di investimenti che per essere effettuati avrebbero bisogno di un decalogo. Al primo posto l’identificazione di una nuova lista di priorità, “abbandonando i mille progetti nazionali dei “Ten” e concentrando le risorse sulla eliminazione delle strozzature che impediscono al mercato interno di funzionare”. In secondo luogo tutti i progetti dovrebbero essere validati dalla Banca europea per gli investimenti (Bei) e dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers), le quali dovrebbero controllarne anche l’attuazione. Infine mobilitare risorse massicce, per “esplorare nuove combinazioni di finanziamenti privati e pubblici, basate su tecniche innovative per l’aggiudicazione dei contratti che offrano rendimenti appropriati agli investitori privati nel lungo periodo”. In quell’occasione citava anche l’emissione di Union bond da parte della Bei e della Bers – in prospettiva fuse in un’unica grande banca. Chissà se oggi replicherà quello schema.

CURRICULUM
Di certo non difetta a Padoan l’esperienza: dal 1998 al 2001 è stato consigliere economico dei premier Massimo D’Alema e di Giuliano Amato e responsabile della politiche economiche internazionali. E’stato Vice segretario generale dell’Ocse dal 1 giugno 2007, poi, dal 1 dicembre 2009, è stato anche nominato capo economista. Oltre a capo del dipartimento di economia, Padoan è il rappresentante dell’Ocse al G20 finanza ed è anche a capo della risposta strategica, della Green growth and innovation initiative dell’Ocse.

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