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Il salto nel buio

A guardarlo uscire dalle stanze del Quirinale –da dove poco prima aveva ricevuto l’incarico di formare un nuovo governo- Matteo Renzi è parso diverso dal solito. Il peso di un onere tanto importante d’altronde farebbe assumere anche ad un giullare toni seri e pacati.

Ma l’impressione è stata di un Renzi intimidito, che ha cercato di coprire le forti ( e legittime) sensazioni di chi sa che dovrà guidare un Paese, facendo la voce grossa chiuso nella giacca abbottonata.

Se l’apparenza non ha ingannato forse è vero che Renzi abbia già capito che fare il Presidente del Consiglio non è proprio come fare il sindaco. Che scontrarsi con la burocrazia dell’alta politica è una sfida estenuante che non si può mettere a bada con un’ordinanza municipale. Che un suo fallimento potrebbe significare per lui bruciarsi e contare in futuro non più di un due di picche. E la cosa non gli piacerebbe affatto. Ne possiamo essere certi.

L’apparenza spesso però inganna, si sa, e quell’atteggiamento serioso –che poco gli appartiene- potrebbe essere semplicemente conseguenza di chi è consapevole di dover assumere una certa compostezza in certi luoghi. Se così fosse questo gli farebbe soltanto onore.

Emozioni e senso di responsabilità sono ben accetti. Renzi sarà a breve il Presidente del Consiglio più giovane di sempre e lo diverrà senza essere mai stato in Parlamento. Sono primati di cui farsi fregio e che nel suo caso acquistano ancora più valore, tanta è la sua voglia di conquista. Ma se c’è una cosa che Renzi non dovrà fare è scambiare il senso di potenza (conferitogli dai titoli) con quello di onnipotenza (che la sua figura molto ambiziosa potrebbe assumere per natura).

La sensazione è che lui la faccia troppo facile: già oggi ha dichiarato che il governo farà una riforma al mese. Bene! Molto bene. Ma dissero più o meno così tutti i neopremier saliti a Palazzo Chigi negli ultimi venti anni. Perciò, attenzione, anche perché governare oggi sembra più difficile che mai.

Il quasi premier infatti dovrà vedersela in primis con i suoi: si vedano le dichiarazioni di Pippo Civati ed altri dieci senatori del Pd che in caso di un governo con Alfano (cosa probabilissima) non gli daranno la fiducia. Poi c’è la questione dei papabili ministri che uno dietro l’altro dicono no a Renzi, è il caso di Baricco e Barca. E per ultimi, ma non di certo meno importanti ci sono gli italiani, che per la terza volta nel giro di due anni subiscono governi imposti dall’alto, e che se le cose non andranno come Matteo Renzi dice, potrebbero (dovrebbero?) ribellarsi.

Per noi elettori di un tempo, quest’ennesimo salto nel buio non può che farci sperare in bene. Ma certamente le premesse ad oggi sono soltanto promesse e non sono certo le migliori.

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