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La sentenza tedesca e il referendum svizzero: due volti della stessa Europa

Nell’arco degli ultimi giorni abbiamo assistito a due avvenimenti di particolare significato per il processo di integrazione europea in corso: la decisione del Tribunale costituzionale di Karlsruhe e il referendum svizzero sull’immigrazione. Pur trattandosi di avvenimenti diversi, vanno considerati insieme per quel che significano in riferimento al processo di integrazione europea in atto.

Cominciamo dalla Germania. Qui la decisione del Tribunale federale costituzionale tedesco, occorre rilevare che (come è stato ampiamente evidenziato) si tratta di una decisione per la quale non è esagerato usare l’aggettivo “storica”. Con la sua sentenza il Tribunale ha infatti stabilito per la prima volta nella storia della Germania che l’ordinamento giuridico europeo è l’unico competente a decidere se il Trattato europeo, istitutivo della Banca centrale, è stato violato o meno dalla Bce stessa. Si tratta di una decisione storica perché attiene ad un avvenimento che tocca direttamente il processo di costruzione di istituzioni europee – quale è ad esempio la Bce – capaci di andare oltre le istituzioni bancarie centrali, che per tradizione sono nazionalistiche, quale è stata a lungo anche la Bundesbank tedesca. Siamo pertanto in presenza di una sorta di embrionale economia federale europea, rispetto alla quale perfino la principale banca centrale nazionale, quella tedesca, è costretta ad adeguarsi.

È come se il Tribunale federale di Karlsruhe avesse di fatto affermato che anche la Germania è in qualche modo a sovranità economica limitata. Questa decisione è perciò da considerarsi idonea a far proseguire un complesso processo di integrazione federalistica europea, nel quale stiamo assistendo alla nascita di vere e proprie istituzioni politiche continentali, ciascuna delle quali non solo distinta ma anche superiore alle corrispondenti istituzioni nazionali. Si pensi al Parlamento europeo, alla Commissione di Bruxelles, al Consiglio europeo, finanche ai partiti europei. In ciascuna di queste istituzioni non siamo infatti più in presenza di una semplice sommatoria di istituzioni nazionali, ma di vere e proprie istituzioni politiche europee dotate in qualche modo di vita propria. Tutti coloro che pertanto ritengono che si debba continuare l’integrazione europea, possono certamente vedere nella decisione di Karlsruhe un elemento utile a proseguire il processo.

Si può certamente discutere di ciascuna delle decisioni di queste istituzioni (euro compreso), ma non si può allo stesso tempo dichiararsi europeisti e lavorare per la disgregazione. Altra infatti è la critica delle singole decisioni, altro è lavorare per indebolire o persino invertire il processo medesimo. Volgiamoci ora alla Svizzera. Qui, sono certamente comprensibili le preoccupazioni espresse da molti protagonisti del processo europeistico in corso, ma occorre allo stesso tempo aver presente che la Svizzera non è parte dell’integrazione europea e che il tema dell’integrazione del quale il referendum si è occupato in Svizzera riguarda prevalentemente i problemi dei cosiddetti transfrontalieri, italiani, francesi o tedeschi che siano.

Anche su questo referendum bisogna cogliere l’aspetto positivo che esso può avere, proprio in riferimento alla costruzione anche embrionale di una politica europea comune concernente l’immigrazione. Sappiamo bene infatti che i Paesi di antica tradizione coloniale hanno avuto ed hanno un atteggiamento sull’immigrazione fortemente condizionato dagli antichi rapporti coloniali: basti pensare al multiculturalismo britannico e all’assimilazionismo francese. Il processo di integrazione europea appare infatti del tutto carente proprio sul tema di una comune politica europea dell’immigrazione, sicché proprio il referendum svizzero potrebbe persino costituire una base di partenza per iniziare un processo comune anziché volgersi all’indietro per guardare al fenomeno prevalentemente in termini nazionali.

Da questo punto di vista il fatto che la Svizzera non faccia parte dell’Unione europea e che l’immigrazione tocchi direttamente i Paesi frontalieri (tutti membri della Ue medesima), può persino accelerare gli aspetti solidaristici, certamente ancora insufficienti, del processo di Schengen con il quale l’Europa ha cercato di introdurre un elemento di solidarietà, ovvero il principio di “libera circolazione” degli europei.


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