Vero: quelli non sono fascisti, non dobbiamo peccare di pigrizia definitoria – nazisti, però, sì, al limite. Paroloni sprecati, comunque, per qualcosa che è più quotidiano, banale, abitudinario: la teoria politica dell’osteria contemporanea, perché non ci sono più le osterie di una volta. In essa, la discussione calcistica è bandita, attualmente, perché non favorisce più come un tempo quelle emozionanti discussioni etiliche, e perché la Juve le vince tutte – d’altronde, quello è il potere Fiat, che sta in combutta con la massoneria internazionale e gli Illuminati, e che fa sì che gli arbitri siano tutti al soldo degli Agnelli.
Allora, deviazione storicamente necessitata del dibattito: il Potere. Che è globale, bancario e bilderberghiano, che non ci lascia scampo e che nessuno è in grado di riconoscere, se non fosse che, per fortuna, c’è Grillo che…
Un bicchiere tira l’altro, e tutti vengono conquistati alla Causa, la liberazione della povera gente che siamo noi, bevitori solitari, dai poteri occulti finanziari e politici – ed ebraici, perché non dirlo? Insomma, finché si beve, c’è speranza.
Mi preoccupa l’ideologo astemio, invece: arriva, non si fa manco un “gottino”, elargisce il Verbo alle scimmiette, le quali ordinano e tracannano, stupiti dalla sua potenza concettuale, per festeggiare il suo ruolo di guida del (loro) pensiero, o per dimenticare la terribilità delle sue visioni cupe. Dopodiché, se ne riparte, tutto contento. Quindi, delle due l’una: o egli è foraggiato dall’oste, in qualità di animatore delle serate e facilitatore dei consumi, oppure bara: ha già provveduto da sé, a casa sua, e giunge già bevuto, il che non è corretto, proprio come il caffè che, “una tantum”, si concede.