Con sgomento, si legge la lettera al “Foglio” di Raffaele La Capria, e la sua attualizzazione di “Ferito a morte”: è di cancro che si muore, allora, in quella terra segnata dalla Storia e da essa, infine, trascurata? E Massimo, il personaggio attorno al quale il romanzo ruota, e che abbandona Napoli, è scappato giusto in tempo? “Le mani sulla città”, il film di Francesco Rosi co-sceneggiato dallo stesso scrittore, poi, rivelava le speculazioni e l’avanzata della bruttezza che, fin dagli anni della Ricostruzione, si stava impossessando del nostro Sud, impotente e sfigurato.
Oggi? Nonostante le buone intenzioni di Salvatore Merlo, la sua volontà di andare a scoperchiare il pentolone degli agitatori televisivi, dei capipopolo di professione, dei preti un po’ troppo preoccupati di guadagnarsi la qualifica mediatica di eroi, non si sa che cosa concludere, né se sarà possibile farlo, un giorno, perché uno strato melmoso ricopre anche noi, le nostre argomentazioni, i nostri sentimenti, e non è facile capire da quale parte occorra stare, a chi credere, e perché: come se i media fossero riusciti a falsificare tutto, se trasformassero in fango tutto ciò che avvicinano.
Facile esortare i più ignorantelli e creduloni a confidare nei ricercatori scientifici, negli esperti statali, nella moderazione di chi invita a non trarre conclusioni affrettate, ma la fretta domina, in certi casi, e chi è che prova ad abbozzare una spiegazione per le malattie? Che siano spaventosamente aumentate è vero? Se sì, perché? Facciamo presto.