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Come e perché la riforma sanitaria di Obama deprime l’economia Usa

L’Obamacare, la riforma sanitaria varata dal presidente Barack Obama, potrebbe ridurre il numero dei lavoratori americani a tempo pieno di più di 2 milioni di unità nei prossimi anni.

LO STUDIO DEL CBO
A sostenerlo è stato ieri l’Ufficio di bilancio del Congresso (Cbo), i cui studi vengono spesso citati dalla Casa Bianca come esempio d’imparzialità, che ha pubblicato una nuova stima circa gli effetti della riforma sanitaria Affordable Care Act (Aca) sul mercato del lavoro Usa. Stando al documento, che – come spiega il New York Times – ha nuovamente scatenato le polemiche  specialmente sul fronte repubblicano contro l’impianto della riforma sanitaria, entro il prossimo decennio l’Aca ridurrà il numero dei lavoratori a tempo pieno di circa 2,5 milioni di cittadini.

EFFETTI DOPO IL 2016
Gli esperti del Cbo – rimarca il quotidiano diretto da Jill Abramson – sottolineano come la riforma sia un provvedimento positivo, perché offrirà un’assicurazione alternativa rispetto alla copertura fornita dai datori di lavoro. La riforma in sé non produrrà, secondo l’Ufficio di bilancio del Congresso, un aumento della disoccupazione o della sottoccupazione. Ma il rovescio della medaglia consiste nel fatto che così molti americani, soprattutto quelli con un salario più basso, potrebbero decidere di abbandonare il posto di lavoro a tempo indeterminato per passare al part time o abbandonare del tutto il lavoro. Ottenendo ugualmente la copertura sanitaria necessaria. L’effetto di questa dinamica, secondo il rapporto, dovrebbe cominciare a sentirsi soprattutto dopo il 2016.

LE CRITICHE DEI COMMENTATORI
A dare sostegno alle stime del Cbo ci sono diversi analisti, secondo i quali questi posti di lavoro se ne vanno non perché la riforma è fatta male, ma perché intrinsecamente depressiva.
Per l’editorialista del Washington Post, Dana Milbank, l’Obamacare, stando al rapporto, avrà un impatto “significativamente maggiore” sul mercato del lavoro rispetto a quanto inizialmente preventivato. E “ciò peserà inevitabilmente sulla crescita economica, mano a mano che i lavoratori preferiranno affidarsi ai sussidi garantiti dallo Stato anziché lavorare di più per poi pagare più tasse“. Entrando nello specifico, l’opinionista sottolinea che “l’eliminazione dei sussidi all’acquisto di polizze di assicurazione sanitaria in concomitanza con l’aumento del reddito si traduce in un aumento della pressione fiscale marginale sulle famiglie, e in un… disincentivo al lavoro“. Per Milbank, dunque, lo studio in questione è una “cattiva notizia per la Casa Bianca e per i democratici in vista delle elezioni di midterm novembre”, perché “un osservatore indipendente (il Cbo, ndr) ha convalidato una fra le principali critiche mosse dai detrattori della riforma sanitaria“.

LE REAZIONI DELLA CASA BIANCA
Il rapporto del Cbo, che giunge dopo il discorso sullo Stato dell’Unione con cui Obama ha ribadito la volontà di portare avanti, anche tra le critiche, le riforme intraprese, giunge come un fulmine a ciel sereno e scatena nella Casa Bianca reazioni perplesse, ma discordanti.
Il portavoce del presidente Usa, Jay Carney, ha detto ieri in un comunicato che lo studio dell’Ufficio di bilancio del Congresso è “incompleto” e “non prende in considerazione” alcuni effetti positivi del provvedimento, aggiungendo che “alla riforma sanitaria non può essere imputata la perdita di posti di lavoro, in quanto l’economia ne ha creati 8,1 milioni da quando il provvedimento è entrato in vigore“.
D’altro canto, il principale consigliere economico di Obama, Gene Sperling, in un’intervista alla Cnn ha dichiarato che “quando due genitori lavorano entrambi a tempo pieno al solo fine di garantire la copertura assicurativa alla loro famiglia, e… la nuova riforma consente a uno di loro di lavorare di meno perché tale copertura è garantita, non credo si possa parlare di perdita di posti di lavoro“. Una conferma, secondo i detrattori dell’Obamacare, che dopo i passati problemi di gestione del sistema informatico, la riforma peserà anche in misura maggiore del passato sui contribuenti americani.

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