Skip to main content

Ecco come Renzi può costruire la crescita. Parla Sforza Fogliani (Confedilizia)

Tra i settori più penalizzati dalla crisi economica c’è quello immobiliare, che negli ultimi anni ha visto un aumento importante della tassazione a carico dei proprietari. Nuove imposte che non rendono più redditizio investire nel mattone, creando problemi ad ogni livello della società.

A sostenerlo è l’avvocato Corrado Sforza Fogliani (nella foto), presidente di Confedilizia, associazione alla quale aderiscono proprietari, condòmini, investitori istituzionali e società immobiliari.

In una conversazione con Formiche.net, Sforza Fogliani commenta lo stato delle cose, ma anche gli annunci e le prospettive di cambiamento offerte per la sua organizzazione dal nuovo governo guidato da Matteo Renzi.

Presidente, come valuta gli annunci di Matteo Renzi e le prime indiscrezioni, a partire da ipotetiche patrimoniali?

Fino ad ora non c’è stata nessuna pronunzia formale, se non l’accenno a colpire la “rendita”, non meglio specificata. E allora va ricordato, in attesa di capire meglio di che si tratta,  che toccando le rendite finanziarie, si va ad incidere principalmente sul risparmio, che è uno dei motori dell’economia italiana. E poi, non potrà esserci una rinascita del Paese se non con un fisco onesto che, come ha stabilito la Corte costituzionale tedesca, non deve colpire un bene, ma il reddito che quel bene produce e se ne produce. In caso contrario, la misura diventa espropriativa.

Quali tipi di tassazione sugli immobili sarebbero in discussione?

Il riferimento è soprattutto a misure che si ripetono all’infinito, come Ici, Imu o Tasi. Una patrimoniale una tantum sembra da vagliare comunque con molta attenzione, perché sappiamo bene che in Italia di solito accade che ciò che è provvisorio diventa poi definitivo. Si potrebbe invece a mio avviso tassare, con base patrimoniale, solo i passaggi di mano degli immobili, perché si tocca il plusvalore che quel bene ha generato, se ne ha generato.

Quali sono le richieste che intendete fare al nuovo esecutivo?

Noi riteniamo che per rilanciare l’investimento nell’immobiliare, che ora è scomparso per motivi psicologici e realistici, si debba ripristinare la redditività degli affitti. Se si esclude un mercato di nicchia costituito da immobili di pregio, di prime case e di unità di rappresentanza, il vero investimento immobiliare si ha per immobili acquistati per poi affittarli. Per questo riteniamo prioritario un abbassamento della pressione fiscale sugli immobili. Il governo Monti ha dato mano libera ai Comuni, che in alcuni casi hanno applicato le aliquote massime, mentre bisognerebbe proseguire sulla strada intrapresa con la cedolare secca, che funziona e che bisognerebbe estendere. Infine, chiederemo che proprietari e inquilini abbiano una loro rappresentanza negli organi di gestione delle aziende che si occupano dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Dal momento che poi ricadrà su loro l’intero costo del servizio rifiuti, è giusto che debbano poter controllare come il servizio viene gestito.

Come valuta il piano di edilizia popolare e scolastica annunciato da Renzi?

C’è un’edilizia del Novecento che ha ancora, se messa a posto, tutte le caratteristiche per ospitare degnamente scuole, ospedali e anche inquilini. Credo sia essenziale concentrarsi su un piano generale per accertare la stabilità di questi immobili e la loro necessità di ammodernamento.
Trovo invece non necessario intervenire con la costruzione di nuovi edifici, soprattutto di edilizia popolare.

Perché?

Per due ragioni. In primo luogo perché, se tutto andasse bene, gli immobili in questione sarebbero pronti tra dieci anni, non tamponando l’emergenza abitativa e finendo poi, con molta probabilità, in mano alla criminalità organizzata (che in Italia come è noto gestisce diverse case popolari) o al massimo di famiglie che li occuperebbero abusivamente, aumentando il già alto tasso di morosità. Inoltre, per quanto riguarda invece l’edilizia scolastica, c’è da evidenziare come la popolazione scolastica diminuisca e non aumenti. Respingo poi l’idea che le somme rivenienti da una dismissione di case pubbliche venga investita solo per aumentare il patrimonio pubblico di edilizia sociale. Abbiamo moltissime case sfitte. La strada maestra sarebbe quella di agire sul costo degli affitti, che sono troppo alti non per volontà di chi loca, ma per l’alta tassazione sugli immobili e di offrire contestualmente contributi straordinari per riattare locali sfitti a causa del loro alto costo di manutenzione. 

Qual è la vostra opinione su un ulteriore taglio del cuneo fiscale?

Io intanto inizierei a non chiamarlo più così, ma con il suo vero nome. Il cuneo fiscale è rappresentato da una parte degli oneri contributivi che gravano sul salario di lavoratori o impiegati in una media che è quasi equivalente al salario che questi ottengono. Non è qualcosa di teorico, ma è creato dagli enti previdenziali. Per carità, meglio tasse più basse se si può, soprattutto se ciò serve a rilanciare il settore delle costruzioni, drammaticamente fermo. Ma non condivido la linea portata avanti da Confindustria in questi anni. A mio avviso ha perseguito solo un taglio del cuneo, senza concentrarsi sul problema strutturale. In altri Paesi, come gli Usa, il problema sanitario lo hanno risolto lasciando ad ogni cittadino la libertà di affidarsi ad un ente assicurativo privato, quindi operante in regime concorrenziale, da scegliere in una rosa di compagnie che soddisfino determinati requisiti e che siano sottoposte al vaglio e al controllo di un organo terzo e indipendente. Un modello che potrebbe essere adottato anche nel nostro Paese.

Il nuovo presidente del Consiglio ha anche detto di voler proseguire nella strada intrapresa per ripagare i debiti della Pubblica Amministrazione. In quale misura vi coinvolge?

Su questo tema c’è stato un impegno totale da parte di Renzi. Ben venga se avrà i mezzi per farlo, anche se alcuni osservatori hanno detto il contrario. Rimanendo nell’ambito del mio settore, spero che si paghino quanto prima le imprese edili, che sono allo stremo. Ma c’è anche il caso di molti proprietari di immobili storici vincolati dalla Soprintendenza per i beni architettonici, che hanno ristrutturato e mantenuto le loro proprietà e che attendono da cinque, sei, in alcuni casi sette anni, quanto dovuto, quasi 100 milioni di euro, dal ministero dei Beni culturali. Somme che sono state anche liquidate, ma che non sono mai state corrisposte. A fronte di ciò, abbiamo persino segnalazione di alcuni beni storici che stanno cadendo a pezzi, perché i loro proprietari, non avendo ottenuto quanto loro spetta, non hanno più liquidità per tenerli in piedi.

CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter