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Caro Matteo, acceleriamo anche sulla politica industriale

Anticipiamo l’editoriale di Antonello Di Mario su “Fabbrica società” on line da domani

“Correre, correre, correre”. E’ l’incitamento che Matteo Renzi, il più giovane Premier della storia della Repubblica, ha rivolto al Paese presentando l’azione che contraddistinguerà l’esecutivo in carica. “Irrituale” il modo come lo ha fatto. “Un libro dei sogni” quanto ha esposto. C’è del vero in entrambi i giudizi critici espressi da una parte dell’opinione pubblica. Ma, senza entrare nel merito, ci soffermiamo sui primi interventi promessi e sul “timing” in cui dovrebbero essere realizzati. Entro un mese, si dovrebbe sapere precisamente dove si prendono i soldi per la riduzione di almeno otto miliardi di euro del cuneo fiscale su lavoratori ed imprese, ed anche verificarsi lo sblocco di sessanta miliardi che la Pubblica Amministrazione ha di debito.

Un impegno preciso, verificabile in tempi brevi, che da solo è già un programma. Quindi, sicuramente un’enunciazione fuori dalla prassi a cui eravamo abituati; ma, se si realizza, può essere il primo passo di una corsa a cui possono seguirne altri. La sfida va condivisa, perché per anni è stata evocata dalle parti sociali ma si è persa come un’eco nella valle dei tempi. Non possiamo più permetterci di stare fermi. Negli ultimi cinque anni di crisi abbiamo perso quasi cinque milioni di posti di lavoro. Ce lo dicono le rilevazioni congiunte di Banca d’Italia, Eurostat e Istat, analizzate dal Centro studi di Unimpresa.

Ma il Paese può risalire la china investendo, soprattutto, in un’accorta politica industriale basata su una produzione intelligente. Lo chiediamo da tempo, ma è come abbaiare alla luna. Vorremmo partecipare alla corsa in atto aggiungendo l’energia di tutte le nostre conoscenze e proposte al riguardo. “Serve una rappresentanza rinnovata –scrive Giuseppe Berta- sia sul fronte delle imprese, sia su quello del mondo del lavoro. Più aderente ai nuovi ambienti di produzione, calata nelle loro specificità e allo stesso tempo orientata a cogliere i loro aspetti e problemi comuni. Insomma, ci vuole una rappresentanza con caratteri più industriali”. Questo significa condividere la logica unitaria che congiunge tutte le fasi del ciclo del prodotto, dalla sua progettazione fino al mercato. Solo così saranno possibili investimenti coerenti sulla tecnologia, sull’organizzazione, sulle competenze professionali.

E’ questa la prospettiva che può garantire l’ intelligenza e le produzioni qualificate. Ma perché le parole di un giovane primo ministro non siano derubricate ad un sogno, occorre proprio tornare a sognare, a scommettere su sé stessi e sui propri figli. “Darsi obiettivi ambiziosi –scrivono Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo- risanare il territorio. Scrollarsi di dosso le mafie. Rompere le catene clientelari con la più vecchia, scadente e corrotta classe politica, salvo eccezioni, del mondo occidentale”. Per farlo è bene rivolgersi direttamente al Paese, ma lo è altrettanto salvaguardando il sano tessuto intermedio della nostra società. E’ evidente che in questa corsa ad agganciare la ripresa, ogni forma e struttura sociale intermedia, sindacale, datoriale o associativa che sia dovrà rinnovarsi, pena il ridimensionamento. Ma è altresì necessario lavorare affinchè la rivisitazione di questi spazi intermedi sia resa possibile. Non può esserci futuro senza qualcuno con cui correre fino in fondo.

Antonello Di Mario
Direttore di “Fabbrica società”

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