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Staffetta Letta-Renzi? Ecco pro e contro secondo il renziano Realacci

Quanto costerebbe al neo segretario del Pd attendere che le urne lo conducano al posto di Enrico Letta? C’è il rischio che un mancato logoramento dell’attuale esecutivo al contrario possa essere un deterrente per Matteo Renzi? E ancora, quanto tempo si guadagnerebbe invece con una vera e propria staffetta Letta-Renzi? Anche Repubblica, dopo gli editoriali apparsi su Formiche.net, avvia il dibattito interno al Pd se a Matteo Renzi convenga realmente andare subito a Palazzo Chigi, quindi senza passare da elezioni. Ecco i pro e i contro del renziano Ermete Realacci, presidente della commissione ambiente della Camera.

Renzi a Palazzo Chigi subito che appeal avrebbe?
E’ chiaro che per il segretario del Pd sarebbe un rafforzamento, ma potrebbe essere al contempo anche un errore.

Per quale ragione?
Rappresenta, indipendentemente dal giudizio che si vuol dare su di lui, una grande occasione di cambiamento. Per cui giocarla in una condizione compromessa come quella di un governo forzatamente di coalizione, non avrebbe senso.

Questa attesa rischia di scalfire la popolarità di Renzi?
Credo che per ora nei tempi Matteo non abbia sbagliato nulla, nel senso che ha dato una formidabile accelerazione alla politica italiana. Le proposte che ha avanzato vanno viste assieme, solo la legge elettorale non è sufficiente a dare l’idea di una politica che si fa movimento. Mi riferisco alla riforma istituzionale e al nuovo Senato la cui abolizione porterà un doppio dividendo: da un lato conduce ad una forte semplificazione dei processi decisionali che oggi sono obiettivamente bizantini, dall’altro è un esempio di tagli ai costi della politica.

Quindi si voterà non prima del 2015?
Se il pacchetto riforme procederà unito e se ci sarà un segno tangibile di efficacia del governo, Renzi potrà tranquillamente incassare il cambiamento prodotto, in attesa di un’investitura diretta.

Ma i passi compiuti da Palazzo Chigi rappresentano una sicurezza per l’Italia o sono visti come una partita di giro?
Il governo si trova in una fase di stand-by, Letta ha svolto un ruolo positivo nel riposizionamento dell’Italia nel mondo e in Europa, ma i relativi provvedimenti è difficile sostenere che abbiano un’anima. Anche il decreto Destinazione Italia non indica una direzione forte su come ripartire e produrre nuova occupazione e ottenere un rilancio. Il Paese in realtà è a due velocità, con due pezzi sempre più distanti l’uno dall’altro.

Siamo allo sbando?
Non è vero che questo sia un Paese allo sbando, quelli che tendono oggi a delocalizzare si sono collocati su una fascia di mercato di bassa qualità. Sull’export invece le imprese italiane sono competitive eccome nel mondo, ma questo fa risaltare ancora di più il disastro dato dall’economia interna in termini di posti di lavoro, impoverimento delle fasce sociali e caduta della speranza. Su questo punto l’azione del governo è obiettivamente debole.

Come implementarla?
In questi giorni di Italia sott’acqua, ad esempio, penso a quanti posti di lavoro si potrebbero avviare con una serie di misure coordinate a partire dal settore che, più di altri, ha patito la crisi: l’edilizia. Sbloccando le risorse dal patto gli stabilità degli enti locali si potrebbero fare investimenti nell’ambito della manutenzione dei territori, del consolidamento degli edifici pubblici e del risparmio energetico. Sarebbe un volano occupazionale incredibile.

Con l’accordo sull’Italicum praticamente fatto la parabola di Letta non rischia di esaurirsi già il prossimo maggio con le europee?
Ma mettere in cantiere la riforma costituzionale significa almeno un anno di lavoro. I provvedimenti del governo visti fino ad oggi sono arraffazzonati, penso al Salva Roma o al decreto stabilità. Se Letta sarà in grado di accompagnare politicamente queste riforme allora non rischierà. Ma se ripenso al comitato dei 40 saggi, dico che le proposte avanzate erano incomunicabili agli italiani: chi le capiva? Non c’era quel cambiamento e quella speranza che invece Renzi ha dato.

twitter@FDepalo


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