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Renzi premier soltanto dopo una vittoria elettorale. Parola di Emanuele Macaluso

Rottamare l’esecutivo delle ex larghe intese ora molto più ristrette per la lentezza, l’inefficacia e la timidezza della sua azione riformatrice. Lavorare con spirito frenetico e decisionista per preparare un programma di governo puntuale e cadenzato.

L’offensiva intrapresa da Matteo Renzi e dalla nuova dirigenza del Partito democratico nei confronti della compagine guidata da Enrico Letta assume ogni giorno di più i contorni di un estenuante braccio di ferro. È per questa ragione che autorevoli analisti politici hanno lanciato sulle pagine di Formiche.net una sfida al leader del Nazareno: prendere immediatamente in mano le redini di Palazzo Chigi con una squadra di persone fidate e un limpido mandato parlamentare.

Uno scenario ritenuto però irrealistico da Emanuele Macaluso, spirito critico della sinistra fin dai tempi delle lotte a fianco dei contadini e braccianti siciliani contro il latifondo e la prevaricazione mafiosa, figura di spicco della storia politco-parlamentare del Partito comunista italiano e della corrente fautrice di un robusto ancoraggio al socialismo europeo. A giudizio dell’ex direttore dell’Unità e del Riformista, così come osservato su Formiche.net dal direttore di EuropaStefano Menichini, il sindaco di Firenze non può negare la vocazione maggioritaria che ha ispirato la sua corsa al vertice del Pd?

Per rompere lo stallo e sciogliere ogni ambiguità nel rapporto tra PD e esecutivo, Matteo Renzi potrebbe divenire premier adesso?

Renzi non farà mai un governo senza essere eletto e godere di una forte legittimazione popolare. Non realizzerà mai un accordo con il Nuovo Centro-destra di Angelino Alfano. Alleanza da cui prende continuamente le distanze, che non sopporta e a cui non vuole dare neanche i ministri della propria area. Alle urne il primo cittadino di Firenze intende tornare con un’alternativa politica alla situazione e all’esecutivo attuali. Pensa a incassare nel più breve tempo possibile la riforma elettorale allo scopo di avere l’arma per il voto a scadenza ravvicinata. Non entro maggio, ma al termine del percorso di revisione istituzionale, eventualmente in autunno. E così lascia a Palazzo Chigi la responsabilità per l’andamento critico dell’economia. La sua alternativa non è solo al centro-destra di Silvio Berlusconi ma alla compagine guidata dal suo collega di partito Enrico Letta.

Il Partito democratico dovrebbe fare mea culpa per aver corteggiato a lungo il M5S al fine di raggiungere un accordo di governo?

Certo. Ma il vertice del Pd è completamente cambiato rispetto al febbraio-aprile 2013. E Renzi, che punta a incarnare un altro Pd, può uscire pulito e immune da errori compiuti da Pier Luigi Bersani. Scelte sbagliate, ricordo, a cui ha partecipato anche Letta.

Ritiene vincente per il centro-destra il ritorno di Pier Ferdinando Casini nell’alleanza conservatrice?

No. Reputo un grave errore la decisione assunta dal leader dell’Udc, cui ho guardato con stima per il ruolo ricoperto da presidente della Camera dei deputati e per il coraggioso tentativo centrista intrapreso a fianco di Mario Monti. Si tratta di una svolta che pagherà cara in termini politici, poiché non gli verrà perdonata. Egli torna dal Cavaliere come un “figliol prodigo” alla ricerca di una nuova sistemazione. E non penso che l’operazione muterà i rapporti di forza tra i due schieramenti, poiché Casini non può spostare grandi consensi sul piano elettorale.

Giudica realistica la costituzione di una nuova Casa delle libertà nel centro-destra?

È un percorso tutto da verificare. Bisogna attendere l’esito del dibattito sulle riforme istituzionali. Se venisse confermato l’impianto del meccanismo di voto in discussione a Montecitorio con l’elevato sbarramento al 4,5 per cento per entrare in Parlamento, le formazioni alleate di Forza Italia sarebbero ridotte al ruolo di “portatori d’acqua” senza possibilità di eleggere propri rappresentanti. Accetteranno di buon grado una simile prospettiva senza un ritorno politico? Sinceramente non credo. Lo stesso ragionamento vale per il versante progressista e riformista, nel quale ritengo difficile che i centristi legati a Monti e Sinistra e Libertà diano voti gratis al PD di Renzi.


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