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Svezia, Irlanda e Spagna. Tutte le bad bank che seducono l’Italia (e non solo)

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L’ipotesi di una bad bank di sistema, condivisa dal governatore di Bankitalia Ignazio Visco, dove scaricare i crediti in sofferenza degli istituti italiani, non nasce nella Penisola.

Il dibattito di queste ore, alimentato nei giorni scorsi da un’indiscrezione del Financial Times, sarebbe solo la riedizione di due precedenti, accaduti guarda caso in due Paesi annoverabili nel ben poco esclusivo gruppo dei Pigs: Irlanda e Spagna.

IL CASO SPAGNOLO
Già nel 2013 un report di Mediobanca Securities, team di analisti londinesi coordinati da Antonio Guglielmi, consigliava all’Italia di ripercorrere l’esempio iberico, che ora vorrebbe adottare anche l’Austria. Per ripercorrerlo bisogna però tornare indietro al 25 giugno 2012. In quella data la Spagna chiese ufficialmente l’aiuto dell’Unione europea – come ricorda Marco Ferrando sul Sole 24 ore di ieri – per la ristrutturazione e la ricapitalizzazione del settore bancario domestico. La bad bank spagnola prese il nome di Sareb. “L’obiettivo – si legge sul quotidiano di Confindustria – era quello di raccogliere crediti insolventi…prestiti spesso legati al settore immobiliare“. L’operazione, innescata dallo Stato (il fondo pubblico Frob ha versato il 45% del capitale), ha coinvolto anche una decina fra banche e assicuratori: Santander e Caixabank per citarne alcuni, ma anche gruppi stranieri come Deutsche Bank e Barclays.

LA STRADA DI DUBLINO
Ancora prima nel 2009 fu il turno dell’Irlanda, che creò la National Asset Management Agency. La Nama aveva lo scopo di acquistare dalle banche i prestiti dubbi, anche qui legati soprattutto al real estate. La struttura della bad bank, approvata da Bruxelles – rimarca il quotidiano diretto da Roberto Napoletano – ha visto “la creazione anche di una holding d’investimento la cui maggioranza (51%) è in mano a privati e il resto alla stessa Nama“.

L’ESEMPIO DELLA SVEZIA
Ma il vero precursore di una bad bank di siffatta maniera è la Svezia. Come rileva Lorenzo Lazzaretti su Firstonline, “nel 1990 la riduzione dei tassi d’interesse dovuti alla liberalizzazione del mercato finanziario e creditizio incentivò l’indebitamento di famiglie e imprese svedesi, che cominciarono a finanziare consumi e investimenti in immobili e titoli. Il risultato fu un boom del mercato immobiliare e azionario che spinse le banche ad aumentare l’offerta di prestiti, esponendosi così all’aumento incontrollato dei tassi di interesse, senza valutare attentamente i rischi“. L’alto livello di indebitamento “rese gli operatori vulnerabili a shock inattesi sui tassi di interesse. Il sistema crollò proprio in seguito all’aumento dei tassi, che determinarono insolvenze e sofferenze sui prestiti. Così nel 1993 il Governo istituì la Bank Support Authority (Bsa), un organismo indipendente che aveva il compito di analizzare i bad asset delle banche con la massima trasparenza. Solo per due istituti, la Nordbanken e la Gota Bank, venne adottata la divisione in “good bank” e “bad bank”, denominate rispettivamente Securum e Retriva“.

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