Continua la violenza in Ucraina, dove sono stati evacuati i palazzi governativi, oltre 50 poliziotti sono stati fatti prigionieri dei manifestanti di piazza Maidan e ci sarebbero almeno cinquanta morti e centinaia di feriti nei soli scontri di oggi.
I disordini hanno portato alle dimissioni del sindaco di Kiev, mentre il presidente Victor Yanukovich ha incontrato alcuni ministri degli Esteri occidentali. E non è bastata a riportare la calma, per il momento, la ferma condanna dell’Unione europea, degli Stati Uniti e della Nato, che chiedono un immediato ritorno alla normalità.
Ma quale partita si gioca davvero fuori dai confini del Paese? E quali fronti contrappone? A spiegarlo in una conversazione con Formiche.net è Ennio Di Nolfo, professore emerito di Storia delle relazioni internazionali all’Università degli Studi di Firenze.
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Professore, da chi sono composti i fronti che si scontrano in Ucraina?
Il fronte che si oppone alla linea politica di Yanukovich è composito, essendo formato da democratici (partito arancione), nazionalisti e destra estrema.
L’oggetto del contendere è davvero l’adesione all’Unione europea?
La carica di violenza, che non esprime una dialettica democratica ma rappresenta la volontà di entrambe le parti in causa di esasperare il contrasto fino a condurlo verso una guerra civile che potrebbe mettere in discussione persino l’esistenza stessa dell’Ucraina come Stato, è una minaccia troppo violenta per essere accettabile. L’Europa non può e non dovrebbe stipulare intese con uno Stato che discute di problemi vitali in un modo così brutale.
Fuori dall’Ucraina, intanto, si gioca una partita geopolitica ed energetica che vede impegnate Russia ed Europa, come sottolinea anche Carlo Jean in una sua analisi su Formiche.net. Come si comporteranno?
È auspicabile che né la Russia né l’Unione europea prendano posizioni troppo nette rispetto a ciò che accade a Kiev. La partita è ancora troppo poco chiara per una decisione ponderata. È evidente che l’interesse russo riguarda la possibilità di dar vita a un rinnovato soggetto euroasiatico capace di controbilanciare l’Unione Europea. Ma la stessa Russia non può giocare il valore di questo progetto con l’importanza di stabilire rapporti di coesistenza e collaborazione con l’Europa. L’Ue, come dimostrano le posizioni ben caute della Merkel, non ha motivo per esasperare un conflitto troppo vicino ai suoi confini e tale da poter attizzare altri scontri di minoranze etniche, per esempio in Bosnia-Erzogovina.
Dopo i morti di questi giorni ritiene che la situazione possa ulteriormente peggiorare, come ipotizza Luigi De Biase, o Yanukovich riuscirà a tenere le redini del Paese?
L’auspicio personale è che Yanukovich sappia trovare il terreno di un accordo con le altre forze politiche. La previsione è che, vista la tensione sul campo, un dialogo sia a breve quasi impossibile, senza interventi esterni. In questo senso l’Ue e la Russia dovrebbero accordarsi per agire contemporaneamente.
Infine uno spunto extra-continentale. La stampa cinese scrive che sarebbe utile per Pechino “prendere lezione” dalla crisi ucraina per quanto riguarda le riforme. A cosa si riferisce?
L’interesse cinese deriva dal fatto che da parte della Cina, verosimilmente in competizione con la Russia e con l’Unione Europea, sono stati compiuti importanti passi avanti nelle relazioni bilaterali. Tra i due paesi esiste un florido commercio che è stato incrementato da recenti accordi (stipulati durante una visita di Yanukovich in Cina nel dicembre 2013). Il Global Times (proprietà del Partito comunista cinese) mette in guardia dai pericoli di esasperare la crisi poiché esistono almeno due elementi di affinità nella situazione dei due paesi. Il primo è rappresentato dalle diversità etniche esistenti in Cina e in Ucraina. Diversità che un esempio esterno alla Cina potrebbe esasperare. Il secondo è dato dal fatto che l’attuale leader cinese Xi Jinping, è il protagonista di un progetto di profondo mutamento della vita politica cinese ma sta operando con evidente gradualismo poiché non intende sfidare apertamente le resistenze a un progetto che prevede tempi lunghi mentre la lotta in corso a Kiev esprime una volontà di accelerazione.