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Udc, ecco come Cesa ha vinto di un soffio su D’Alia

Un testa a testa appassionante e aperto fino all’ultima scheda, con una clamorosa rimonta che ha rovesciato le previsioni della vigilia. Una sfida incerta e ricca di colpi di scena come non accadeva da tempo nel panorama politico nazionale, sempre più improntato a copioni dall’esito già scritto. Si può riassumere con pochi fotogrammi degni di una gara sportiva la pagina cruciale del 4° Congresso nazionale dell’Unione di centro andata in scena ieri sera nell’Auditorium della Conciliazione di Roma.

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IL DIBATTUTO CONGRESSO

Appuntamento vivace e a tratti aspro, pieno di contrapposizioni e riflessioni, che ha affrontato gli interrogativi riguardanti il percorso verso un’aggregazione dell’area popolare, il rinnovato rapporto con il centro-destra nell’orizzonte bipolare reso inevitabile dalla futura legge elettorale, le sfide del governo, il giudizio sulla classe dirigente interna.

LA RIELEZIONE DI CESA

La formazione centrista di ispirazione cattolica ha scelto di affrontare questi nodi ripartendo, per un’intensa fase di transizione, dal suo segretario Lorenzo Cesa, autentico vincitore delle assise capitoline. Era stato lui a prospettare la strategia di una costituente con il Nuovo Centro-destra e i Popolari per l’Italia per giungere a una lista comune nelle elezioni europee e amministrative di maggio. Vera scommessa prima di pensare a un confronto con Silvio Berlusconi e con Forza Italia “nell’alveo del PPE contro ogni tentazione populista e filo-leghista”.

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L’ESITO DEL CONGRESSO

Più di ogni altro era stato questo il tema caldo del dibattito, fonte di un conflitto tra punti di vista alternativi, carichi del retaggio storico della Democrazia cristiana e alimentati da rivalità personali. Nelle ore pomeridiane di acceso confronto l’intero gruppo dirigente dell’UDC era finito sul banco degli imputati come principale responsabile del tracollo elettorale nel febbraio 2013 e della marginalizzazione del ruolo dei cattolici popolari nella vita pubblica. Bersaglio polemico degli accusatori, tra cui Ciriaco De Mita, era soprattutto il leader storico Pier Ferdinando Casini con tutte le decisioni assunte dal 1994 in poi.

LE CANDIDATURE ALTERNATIVE

È in un clima rovente che si è arrivati alla presentazione delle candidature e delle mozioni per la guida dell’UDC. Le alternative di partenza erano il siciliano Gianpiero D’Alia, fautore di un azzeramento del vertice a favore di un rinnovamento radicale costruito con le giovani leve e gli amministratori locali ma ostile a elezioni primarie nel centro-destra, e il veneto Antonio De Poli, propugnatore di un partito capace di ascoltare e intercettare un mondo economico-sociale lontano dal Palazzo.

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IL RILANCIO DEL SEGRETARIO USCENTE

Poi il colpo di scena. De Poli rinuncia a correre per la segreteria e ripropone alla guida del partito Lorenzo Cesa, che accetta “per un arco di tempo limitato, utile ad accelerare il percorso verso la federazione popolare. Al suo fianco è schierato Casini. Per scongiurare una lacerazione politica e una drammatica conta, il presidente Rocco Buttiglione chiede a D’Alia di ritirare la propria candidatura favorendo la creazione di un gruppo di lavoro di 3-5 persone che affianchi Cesa. Tentativo vano perché l’ex ministro della Pubblica amministrazione nel governo Letta non demorde.

LO SPOGLIO APPASSIONANTE

Terminato il dibattito congressuale, i delegati iniziano le operazioni di voto sulle due candidature e mozioni contrapposte. Il risultato, più che mai aperto, è atteso in tarda serata. Gli elettori sono 930, e i loro suffragi vengono ripartiti in tre seggi. Alle 22.15 comincia lo spoglio, effettuato davanti al pubblico sul palco. Il clima è di silenzio e attesa palpabile. Il testa a testa è serrato fin dall’inizio, con una leggera prevalenza di D’Alia e una buona tenuta del segretario. Ad accrescere la tensione concorre la suoneria di un telefonino con il motivo del western “Per un pugno di dollari”.

Al termine dello scrutinio del primo seggio elettorale il politico siciliano è in vantaggio di 27 voti. Alla fine della seconda parte dello spoglio il vantaggio aumenta a 45 suffragi. Il trend sembra confermare una diffusa aspirazione del popolo dell’UDC a promuovere la propria “rottamazione”. Ma nel corso del terzo e decisivo scrutinio si impennano i consensi per Cesa. Cresce il brusio in sala. L’esito è sempre più incerto. La platea si va riempiendo nuovamente.

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UN FINALE A SORPRESA

Il finale è un colpo su colpo come negli incontri di boxe. Gli sguardi e i gesti delle mani trasmettono tutte le emozioni, i conflitti, la passione del congresso. L’attenzione dell’assemblea è all’apice. Alle 23.27 termina lo spoglio, ed esplode la gioia dei supporter del segretario che gridano “Lorenzo, Lorenzo!”, mentre i sostenitori dell’ex capogruppo a Palazzo Madama rimangono attoniti. Trascorrono pochi minuti per la proclamazione ufficiale dei risultati: 438 consensi per il segretario, 431 per lo sfidante. Il margine è di 7 voti.

Spetterà all’ex parlamentare europeo traghettare il partito nella fase più difficile e delicata della sua storia. La prospettiva è segnata: rilanciare il “cantiere popolare” messo in discussione per la scelta “terzista” compiuta recentemente dalla formazione di Mario Mauro.


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