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L’uomo solo, nella “social” Italia

D’accordo: ci sono i rosiconi, i rosichini, i biliosi, gli invidiosi, i riottosi, come si poteva leggere sul “Foglio”, ma ci sono anche quelli che hanno paura e che sperano, in cuor loro, che a Renzi vada tutto bene, perché, dopo di lui, non c’è che Grillo.

Ancora ieri, Simone Baldelli, alla Camera, opponeva il “Paese strano” che è il nostro al “Paese normale” che molti vorrebbero: molti, non tutti, perché è evidente che la stranezza è l’unica condizione che permette ad alcuni attori sociali, effetti e cause delle tante crisi in cui ci dibattiamo, di prosperare, l’unica che li mantenga vivi, determinati e determinanti.

Avverto, attorno a me, l’esistenza di un’Italia troppo a lungo oscurata e silenziosa che avrebbe voglia di prendere la parola, ma è timida, non sa o non osa affrontare i pubblici incattiviti e rincretiniti che sono stati (mal)educati da tutti questi anni di irresponsabilità incrociate: massime, quella dei media, i quali sembrano godere, esponendo i suicidi o gli aspiranti tali, non vedendo l’ora che la febbre del risentimento si estenda e contagi tutti noi.

Ecco, la scommessa più affascinante è la seguente: immaginare un uomo solo, proletario mediale, che dispone unicamente del suo bel giornale di carta, che è immune dalle “tentazioni totalitarie” che si annidano nel vario mondo “social”, che è capace di giudicare serenamente o di astenersi dal farlo, in mancanza di indizi e dettagli e prove, e che è convinto, tutto sommato, che la felicità sia qualcosa di troppo serio per delegarla ai politici, che spetti all’individuo singolo e singolare il diritto di ricercarla.

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