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Vi spiego perché Renzi non potrà che governare da moderato

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Gianfranco Morra apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

Prima erano culo e camicia. Angelino come variabile dipendente di Silvio, una obbedienza «pronta, cieca e assoluta». Soprattutto sui temi della giustizia: Alfano era Guardiasigilli e tentò di aiutare il grande Leader «perseguitato dalla magistratura». Ma in politica tutto può cambiare e capovolgersi. Ed ecco Alfano che si oppone al Cavaliere per sostenere il governo Letta. Al punto da staccarsi da Forza Italia e fondare il Nuovo Centro Destra. Con garbo: non sono antiberlusconiano, ma «diversamente berlusconiano» e in caso di elezioni non potrei che allearmi con lui.

(MATTEO RENZI SHOW IN PARLAMENTO. LE FOTO DI PIZZI)

Ma, almeno «per ora» (l’espressione è obbligatoria per Berlusconi), la distanza è aumentata. Silvio ha rispolverato contro Angelino una espressione alla quale è molto affezionato: «utile idiota», ecco cos’è. Utile ai comunisti, che per Berlusconi ci sono ancora, pericolosissimi, tanto che continua ai combatterli per il bene dell’Italia: un «topos» nato nel 1994 e mai abbandonato.
E Alfano ha corretto e rimandato l’espressione al mittente: «il tuo partito è pieno di inutili idioti». Non poteva chiamare Silvio «inutile idiota»: di certo «idiota» non lo è, anzi è forse il politico più furbo della nazione; e ancor più certamente è «utile», a se stesso secondo molti, «per l’Italia, con la quale coincide», dicono i forzitalioti.

Da quasi un secolo l’espressione «utile idiota» è di largo uso. Probabilmente inventata da Lenin, per indicare quegli sciocchi che, nei paesi occidentali, lavoravano per il comunismo. In Italia entrò negli anni Cinquanta, come espressione ironica nei confronti di quei democratici «ingenui» che appoggiavano l’apertura a sinistra. Più volte l’usò Luigi Sturzo contro Fanfani e La Pira.
Ma toccherà a Berlusconi di farne un largo uso, nel suo linguaggio perentorio e colorito per convincere l’elettorato. Già nel 1999: «Prodi fa, per la seconda volta, l’utile idiota»; e ancora nel 2007: «Prodi è un utile idiota in mano ai comunisti». Inevitabile che l’espressione fosse ripresa dallo scolaro-nemico di Silvio, Beppe Grillo, che così chiamava quei Democratici che appoggiavano il lodo Alfano per rendere immune il Cavaliere.

(MATTEO RENZI SHOW IN PARLAMENTO. LE FOTO DI PIZZI)

Viviamo un difficile momento politico: tutti contro tutti, non solo «fra» i partiti, ma anche «dentro» i partiti. Eppure le grandi ideologie sono tutte defunte, i liberali ballano il «Valzer delle candele», i socialisti vagano dispersi in cerca di un rifugio, i comunisti hanno messo le icone nell’album di famiglia (quanto ingiallito!), i fascisti ondeggiano tra nazione e democrazia, i cattolici di centro non sono più ago della bussola, ma «banderuola affumicata che gira senza pietà» (Montale). Da tutti era lecito attendersi una politica moderata e concreta.
Invece. Tutti si dicono moderati, tutti cercano i (voti dei) moderati, ma di moderatismo se ne vede poco. Soprattutto in chi presenta il suo partito come «dei moderati», mentre lo governa dispoticamente con metodi e linguaggio obsoleti e non più creduti. Il 4 aprile 2006 Berlusconi usò una espressione simile a quella di «utili idioti», chiamando «coglioni» tutti quei cittadini (il 50 %) che non votavano per lui («è stata solo una affettuosa ironia», si è giustificato). Moderatismo? No, oltranzismo spettacolare.

Il moderatismo riguarda la quasi totalità degli italiani, fra quelli che si riconoscono nel termine e quelli che chiedono solo una politica concreta ed efficiente, cioè un riformismo non ideologizzato. Certo, ad esso appartengono gran parte di quel 40 % di elettori che sino all’ultimo non sanno per chi votare. Non v’è dubbio che essi chiedono un leader efficiente e decisionista, ma anche pragmatico e, appunto, moderato. E quando non lo trovano o restano lontani dall’urna per sfiducia nella casta (vedi domenica in Sardegna) o si servono del voto come di un’arma impropria contro i politici disonesti e parolai («tanto, peggio di così, non può andare!», pensano).
Anziché moderatismo, la crisi delle ideologie e la politica liquida, hanno prodotto narcisismo partitocratico. Ognuno pensa al vantaggio futuro, nel caso, probabile, che le elezioni giungano presto: i due partitoni vogliono la riforma elettorale e il premio di maggioranza, il non-partito aggressivo e isolato nella sua solitudine difende il proporzionale, i partitini temono di finire come mortadella in un sandwich e operano perché cada l’Italicum.

In questa situazione Renzi, che, per natura e tradizione, è deciso nei metodi se pur moderato nei progetti, ce l’ha messa tutta. Ma non gli sarà facile. Forse, per consolarsi, dovrà ricordarsi dei versi composti da chi lo ha preceduto a Palazzo Vecchio: «Quanto è bella giovinezza, / che si fugge tuttavia! / Chi vuol esser lieto, sia, / di doman non v’è certezza».


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