La strada verso una finanza totalmente e socialmente responsabile e sostenibile è ancora lunga. Ma sembra esserlo anche quella per una finanza almeno trasparente. Un esempio arriva dall’aumento di capitale di Banco Popolare, appena approvato dall’assemblea degli azionisti. Cos’è successo? Un vizietto duro a morire, il rischio di conflitto di interessi a scapito del mercato.
Diverse banche coinvolte nel consorzio di garanzia, dunque pagate per garantire la riuscita dell’aumento di capitale, e quindi in conflitto di interessi, hanno alzato il target e il giudizio sul titolo Banco Popolare nel periodo dell’approvazione da parte dei soci e l’approssimarsi dell’aumento stesso. La questione è che chi è coinvolto nel consorzio di garanzia, da un punto di visto etico, non dovrebbe dare giudizi sul titolo. Esiste appunto un evidente conflitto di interesse. Certo, per gestirlo la legislazione e le normative spingono affinché gli istituti bancari e creditizi applichino delle barriere organizzative e fisiche, denominate Chinese Walls, studiate per restringere il flusso di informazioni tra le diverse divisioni del gruppo. Ad esempio, la struttura di investment banking dovrebbe essere separata a livello sia fisico sia organizzativo dalla struttura di ricerca azionaria.
Ebbene, pare che le “muraglie cinesi” talvolta lascino aperta qualche porta. Non sono mancati esempi di banche virtuose, o quanto meno corrette nei confronti del mercato. E’ il caso di Hsbc (analista Jason Kapaptsogl) e Bnp Paribas (analista Andrea Vercellon) che, visto anche l’aumento di capitale e il loro ruolo attivo pagato per garantirne il successo, hanno deciso di sospendere la raccomandazione, una posizione in gergo finanzario definita restricted, su Banco Popolare. Ma più di un dubbio sulla solidità delle “muraglie” emerge osservando il timing dei vari rialzi dei target price e di giudizi di Banco Popolare, operati da istituti nominati nel consorzio di garanzia.
Per farsi qualche “domanda” è sufficiente controllare le date dei cambi di raccomandazione e quando è stato annunciato il consorzio, ovvero il nome delle banche pagate per garantire la riuscita dell’aumento di capitale. Si può immaginare come una sequenza temporale di un film. Ma qui è la realtà.
Tutto parte il 12 febbraio quando le agenzie di stampa battono la seguente notizia: «Banco Popolare comunica che sono state selezionate le banche che agiranno in qualità di Joint Bookrunner, Co-Bookrunner e Co-Lead Manager nell’ambito del consorzio di garanzia per l’aumento di capitale in opzione fino a massimi Euro 1,5 miliardi, che sarà sottoposto all’approvazione della Assemblea Straordinaria dei soci convocata per i giorni 28 febbraio e 1 marzo 2014, rispettivamente in prima e seconda convocazione. Nell’ambito del consorzio di garanzia, Mediobanca … e UBS Investment Bank agiranno in qualità di Joint Global Coordinators e Joint Bookrunners, Banca IMI, BofA Merrill Lynch, Bnp Paribas, Nomura, UniCredit Corporate & Invesment Banking in qualità di Joint Bookrunners, Banco Bilbao Vizcaya Argentaria SA, Banco Santander SA, Commerzbank Aktiengesellshaft, Crédit Agricole Corporate and Investment Bank, Hsbc Bank, Ing Bank N.V., Natixis, Société Générale e VTB Capital plc in qualità di Co-Bookrunners e Abn Amro Bank N.V., Banca Akros S.p.A., Equita SIM, Keefe, Bruyette & Woods Limited e RBC Europe Limited in qualità di Co-Lead Managers. I Joint Bookrunnes, i Co-Bookrunners e i Co-Lead Managers hanno sottoscritto un pre-underwriting agreement …, ai sensi del quale si sono impegnate a garantire – a condizioni e termini usuali per tale tipologia di operazioni – la sottoscrizione dell’aumento di capitale per la parte eventualmente rimasta inoptata al termine dell’offerta, fino all’ammontare massimo di 1,5 miliardi di euro».
Insomma, tutte queste banche si sono impegnate a tirare fuori i soldi dell’aumento di capitale, e si parla di ben 1,5 miliardi, se gli azionisti, ovvero i detentori dei titoli quotati a Piazza Affari, non sottoscriveranno nuove azioni. Ovvia la conseguenza: tutte le banche coinvolte a garantire l’aumento di capitale hanno l’interesse che il titolo valga sempre più sul listino. E cosa c’è di più gradito che i propri analisti emettono raccomandazioni positive sul target di Banco Popolare, sopra il prezzo dell’aumento di capitale?
Come detto, ma è bene sottolinearlo di nuovo, Hsbc e Bnp Paribas, hanno fugato ogni dubbio sul possibile conflitto di interesse e sul rischio di emissione di raccomandazioni da parte dei propri analisti troppo gradite mettendo il titolo sotto l’etichetta restricted, ovvero con sospensione del giudizio. Ma in diversi altri isituti non sono stati così trasparenti.
Il 14 febbraio Bofa (Bank of America Merrill Lynch) alza il target a 1,5 euro. E se il giudizio è confermato solo a neutral, non è il caso di allarmarsi: è bastato aspettare fino al 4 marzo per vedere gli analisti di Bofa alzare la raccomandazione a buy (comprare). Ancora meglio ha fatto Nomura il 13 febbraio, alzando il giudizio direttamente fino a buy da un precedente poco lusinghiero reduce (alleggerire la posizione in azioni della società) E non è finita qua. Il 3 marzo Deutsche Bank ha migliorato il rating sull’azione Banco Popolare a buy da hold. Il 4 marzo è entrata in scena Banca Akros portando un innalzamento della raccomandazione sul titolo Banco Popolare a buy da reduce. Nota di colore: nel giorno in cui sia Bofa sia Banca Akros hanno alzato il giudizio a buy il titolo è arrivato a perdere nel corso della seduta oltre il 2 per cento. Keefe Bruyette & Woods si è addirittura spinta a fissare un prezzo obiettivo a 1,90 con giudizio outperform. Tutti questi istituti finanziari sono nel comitato di garanzia dell’aumento di capitale. Sarà interessante vedere se da qui a quando il cda si riunirà per decidere i dettagli dell’aumento, altre banche del consorzio di garanzia alzeranno la proria raccomandazione.
C’è anche la possibilità, comunque, che abbiano ragione loro. Ovvero che, per qualche coincidenza, o forse addirittura per effetto dell’aumento, il titolo Banco Popolare meriti davvero un generalizzato miglioramento delle raccomandazioni. Non si può escludere. Peccato che il comportamento degli analisti di case d’affari non coinvolte nell’aumento di capitale sembra escludere questa tesi “assolutoria”. Nelle ultime settimane hanno espresso il giudizio su Banco Popolare gli analisti di Main First Capital, con target ad appena 1,40; di Kepler Cheuvreux con a inizio marzo giudizi negativi (underperform e reduce) e prezzo obiettivo molto basso a 1,15; di Société Géneralé che proprio a inizio marzo ha addirittura consigliato sell (vendere) e target 1,20 euro.