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Ecco come Bruxelles ha bocciato gli ex ministri Barca e Trigilia sui fondi comunitari

Non è un giudizio lusinghiero quello che la Commissione europea assegna al progetto di Accordo di partenariato trasmesso dall’Italia a Bruxelles lo scorso 10 dicembre, e che dovrà informare la nuova programmazione dei fondi comunitari per il periodo 2014-2020.

A inviarlo, all’epoca, fu il ministro per la Coesione territoriale del governo Letta, Carlo Triglia, ma il lavoro fu iniziato durante il precedente esecutivo Monti dal suo omologo Fabrizio Barca.

NON MATURO E INCOMPLETO
Il commissario per la Politica regionale, Johannes Hahn, contestualmente alla redazione degli appunti inviati a Roma il 10 marzo scorso, si era affrettato a dire che la bozza di Accordo presentata dall’Italia è a suo avviso una “buona base di lavoro” e che “la struttura e l’impianto generale vanno nella direzione giusta. Quello che non possiamo assolutamente permetterci – aveva sottolineato – è di ricominciare tutto da capo“.
Ma il documento – esordisce Berlaymont nel punto 1 della relazione – “è ancora lontano dal livello di maturità richiesto“. Secondo la Commissione “mancano infatti intere sezioni previste dal regolamento Ue“, una lacuna che “non consente una valutazione completa” e, laddove i documenti sembrano completi, “molte delle sezioni presenti contengono lacune informative e strutturali rilevanti“.

TROPPI SOLDI E SPESI MALE
Considerata debole, inoltre, la logica d’intervento. Per Bruxelles la relazione tra i bisogni per lo sviluppo e i risultati attesi è “inadeguata o assente“, con un notevole squilibrio, nella maggior parte dei casi, “tra l’analisi e le priorità scelte“.
Le scelte fatte nel documento, rimarca la Commissione “favoriscono misure di assistenza sociale e di sostegno ad attività economiche/settori in difficoltà“. Interventi che, considerata la portata e la durata della crisi economica in Italia, “possono, entro certi limiti, considerarsi giustificati“.

LE RIFORME CHE MANCANO
Per Berlaymont gli interventi co-finanziati dovrebbero invece servire a finanziare “miglioramenti di carattere strutturale, correggere le debolezze di lungo periodo dell’economia italiana (come la decrescita del PIL, la limitata capacità di innovazione e la diminuzione della produttività) e del mercato del lavoro (come la presenza di rigidità e segmentazione, mancato allineamento delle competenze dei lavoratori alle esigenze del mercato del lavoro, le forti disparità regionali, e la scarsa partecipazione dei gruppi “vulnerabili”)“. Un orizzonte del tutto assente nel documento inviato da Palazzo Chigi.

CRITICHE DIFFUSE
Le critiche non si fermano qui. Per la Commissione manca un approccio strategico alla valorizzazione dei beni culturali, ci sono poche risorse per combattere abbandono scolastico e accrescere la partecipazione alla scuola superiore. Mancano poi anche informazioni su programmazione, architettura, dotazione finanziaria per le aree interne, una delle novità introdotte dal Governo per il prossimo periodo di programmazione e fortemente voluta da Barca. A questi punti si affianca un’analisi dei miglioramenti da perseguire sul fronte della capacità amministrativa, considerato uno dei talloni d’Achille dell’Italia.

POCO TEMPO
Tra i nodi da risolvere, per Bruxelles, c’è anche il futuro sistema di governo dei fondi europei (Agenzia della Coesione). Questioni che saranno l’oggetto dei negoziati delle prossime settimane. Il governo italiano dovrà infatti presentare alla Commissione europea l’ultima versione dell’Accordo di partenariato entro il prossimo 22 aprile.

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