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Caro Matteo, gli F35 non sono auto blu

In difesa non si gioca. In un mondo in subbuglio con focolai di disordini crescenti ai confini dell’Europa (Libia, Crimea), la discussione italiana sui tagli al budget della Difesa suona un po’ bizzarra.

Il ministro Roberta Pinotti, intervenendo davanti alle commissioni di Camera e Senato e successivamente in interviste pubbliche, ha espresso una posizione prudente e ragionata che cerca di tenere conto dei ruoli dei diversi livelli istituzionali (Parlamento anzitutto) e non da ultimo delle “bellicose” (è il caso di dire…) dichiarazioni di Matteo Renzi in termini di spending review.

I media hanno inevitabilmente enfatizzato la possibilità, teorica almeno sin qui, di un ripensamento sul programma Jsf meglio noto con il nome dei cacciabombardieri F35. La stessa Pinotti ha spiegato che non si può discutere di un solo mezzo se non nel quadro di una strategia ben più ampia.

Che ruolo vuole giocare l’Italia in Europa e nel mondo?

Qual è la quota di responsabilità (burden sharing) che compete ad un Paese come il nostro che ancora formalmente da parte del G-8? Gli interrogativi potrebbero continuare a lungo.

Quel che è certo è che confondere gli F35 con le auto blu non è solo un errore di finanza pubblica ma un errore politico.

Al Colle la consapevolezza in questo senso non manca affatto. Quanto a Palazzo Chigi ci si affida alle virtù del premier che ha mostrato già più volte l’abilità di sapersi correggere in corsa.


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