La spending review potrebbe non risparmiare gli F-35. Un minor numero di caccia di Lockheed Martin ordinato dal governo italiano sarebbe, forse, solo uno dei tagli alla spesa, ma probabilmente anche quello che politicamente peserebbe di più.
LE DICHIARAZIONI DI RENZI E PINOTTI
Ieri, in serata, è stato lo stesso presidente del Consiglio Matteo Renzi ad annunciare al Tg5 un risparmio di circa 3 miliardi di euro nei prossimi tre anni nella difesa. “Non solo dagli F-35 – ha aggiunto il premier – Noi continuiamo con i programmi internazionali, continuiamo con una forte Aeronautica, ma questo programma sarà rivisto“.
Sempre domenica, nel pomeriggio, anche il ministro della Difesa Roberta Pinotti, in un’intervista rilasciata a Maria Latella su SkyTg24, aveva ipotizzato una razionalizzazione delle spese del suo dicastero, partendo da personale, immobili e maggiore sobrietà. Ma su una possibile sforbiciata agli F-35 il ministro ha invece tenuto un approccio prudente, ricordando che “c’è un impegno preso dal governo” e che pertanto è meglio aspettare “la conclusione dell’indagine conoscitiva del Parlamento per prendere la decisione“.
Un passaggio importante, quello indicato dalla Pinotti, considerato che le maggiori insidie provengono proprio dall’interno del Partito Democratico, dove esiste un nutrito fronte di deputati e senatori contrari al programma, e che già in passato aveva promosso una mozione parlamentare per rivedere il numero dei velivoli.
GLI AUSPICI DI DEL RIO
Tra coloro che non hanno mai nascosto la propria reticenza c’è Graziano Delrio, oggi sottosegretario alla presidenza del Consiglio.
“Quando ero ministro del governo Letta – ha spiegato in un’intervista a Francesco Bei su Repubblica – mi attirai parecchie critiche per aver sostenuto che una riduzione di quel programma era opportuna. Il nostro governo ha come missione quella di spostare risorse dagli armamenti a investimenti di altro tipo, dalle scuola al dissesto idrogeologico“.
I DUBBI DI MAURO
Parole che segnalano una forte incoerenza tra i democratici secondo l’ex ministro della Difesa Mario Mauro, che ha evidenziato come “F-35 è una parola di sinistra. Nasce con un governo Pd, viene votata da 10 anni dal Pd. Ora, improvvisamente, con questi “chiari di luna” in Crimea e in Ucraina, il Pd decide che non ne abbiamo più bisogno?“.
Caustica l’opinione dell’ex titolare della Difesa, che ha anche puntualizzato che i programmi militari hanno durata ventennale e “non si può cambiare linea in continuazione. Altrimenti si viene fatti fuori da tutto l’indotto“. A chi vorrebbe invece sostituire gli F-35 con gli Eurofighter ricorda: “non costano di meno” e sono “intercettori” non “cacciabombardieri“.
I NUMERI DEL PROGRAMMA
Per il programma Jsf della Penisola è previsto al momento un piano da 14,3 miliardi di euro in 15 anni per l’acquisto di 90 velivoli: 60 a decollo convenzionale (costo medio 74 milioni di euro l’uno) e 30 a decollo verticale (88 milioni di euro l’uno).
Dagli iniziali 131, ordinati dal governo Berlusconi, gli F-35 sono già stati ridotti al numero attuale sotto l’esecutivo Monti. E se tagliarli ulteriormente consentirebbe da un lato all’esecutivo di avere maggiori risorse per altri progetti, dall’altro rischia di avere ripercussioni negative sul piano economico e geopolitico.
IL RAPPORTO DI PWC
A illustrarlo è stato un recente rapporto commissionato da Lockheed Martin a PricewaterhouseCoopers sui benefici che il programma d’arma avrebbe sull’Italia. Tra le circa 90 aziende italiane coinvolte nella progettazione e costruzione degli F-35 spicca Alenia Aermacchi, controllata di Finmeccanica, che realizza i cassoni alari dei velivoli, alcuni dei quali saranno assemblati in uno stabilimento a Cameri, in provincia di Novara.
Tutto ciò, ha stimato l’ad di Piazza Monte Grappa, Alessandro Pansa, dovrebbe produrre per il sistema industriale italiano ricavi potenziali per 10 miliardi di euro. Cifre destinate a crescere o a diminuire in relazione al numero degli aerei prodotti e venduti.
Il vero nodo, però, come ha spiegato Paolo Messa, è quale ruolo voglia recitare l’Italia nel mondo. Un aspetto sottolineato anche presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che su molti temi, compresa la Difesa, ha invitato a fare una riflessione meno ideologica e più di sistema.