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Letta, Frattini, Stoltenberg. Chi è in corsa per la segreteria generale della Nato

La corsa alla segreteria generale della Nato è entrata nel vivo e si rincorrono nomi e profili dei candidati destinati a prendere il posto del danese Anders Fogh Rasmussen, che ha già esaurito il proprio mandato.

Un’elezione che potrebbe avvenire già nelle prossime settimane dal momento che gli Usa, azionisti di maggioranza dell’Alleanza atlantica, preferirebbero accelerare la questione e chiuderla prima delle consultazioni europee di maggio, quando la nomina del segretario Nato potrebbe diventare oggetto di negoziati per le cariche di Bruxelles. La scelta del numero uno dell’alleanza, sul quale pesa inevitabilmente il parere di Washington, è tuttavia tradizionalmente lasciata ai Paesi europei, che lasciano invece agli Stati Uniti la nomina del vertice militare.

FRANCO FRATTINI
Ancora presto dunque per dire se il nome di Franco Frattini, già ministro degli Esteri e oggi presidente della Sioi, sia definitivamente tramontato. Candidato ufficialmente da Roma ai tempi del governo Monti e per lungo tempo in pole position, Frattini rimane tra i papabili, ma deve fare i conti con le ultime indiscrezioni che non lo piazzano più in posizioni avanzate.

JENS STOLTENBERG
In prima fila ci sarebbe, scrive oggi Repubblica, un altro nordeuropeo, il norvegese Jens Stoltenberg. Ex primo ministro di Oslo, ora leader del Partito laburista, il suo nome sarebbe gradito sia a Barack Obama sia ad Angela Merkel. Una seria ipoteca, dunque, anche perché si aggiunge al fatto che la Norvegia non fa parte dell’Unione europea, pur facendo parte dello spazio economico dell’area. Un indubbio punto di forza in un Vecchio Continente diviso da personalismi e rigurgiti nazionalisti.

ENRICO LETTA
Il nome più gettonato, almeno in Italia, resta però quello dell’ex presidente del Consiglio Enrico Letta. Anche sul suo profilo, giurano gli osservatori più attenti, né Washintgon né tantomeno Berlino avrebbero nulla da ridire. Anzi, la sua candidatura, come ha rivelato nei giorni scorsi Il Sole 24 Ore, sarebbe stata oggetto di discussione tra il premier Matteo Renzi e la cancelliera tedesca nel suo recente viaggio in terra teutonica. In realtà il nome di Letta circolava già in modo ancor più ufficioso da qualche settimana, quando indiscrezioni lo vedevano al centro di trattative informali al congresso del Ppe a Dublino. Visto in chiave italiana, l’obiettivo di una nomina di Letta sarebbe quello di rafforzare l’esecutivo dando una sorta di “ricompensa” – alcuni sostengono più lauta di Palazzo Chigi – dal momento che buona parte dei parlamentari del Pd, messi in lista non dal segretario toscano, risponde ancora all’ex premier e a Bersani.

IL PUZZLE
Ma la strada di Letta è in salita. Si scontra non solo con i già citati nodi europei – l’Italia, secondo alcuni governi, ha già una rappresentanza di peso con Mario Draghi alla presidenza della Bce -, ma anche con la corsa di un altro big, Massimo D’Alema, intento a costruire – anche col sostegno di Renzi (oggi presenteranno assieme al Tempio di Adriano il nuovo libro del presidente di Italianieuropei, ndr) – la sua nomina ad Alto rappresentante di Bruxelles per gli affari esteri e la politica di sicurezza dopo Catherine Ashton. Difficile far digerire ai partner un’Italia “pigliatutto”, al tempo stesso ai vertici di Francoforte, della diplomazia europea e dell’Alleanza atlantica.

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