Che differenza c’è nel trasferire 10 miliardi alle famiglie oppure alle imprese? La differenza è grande. Tutte e due le misure mirano a incrementare il PIL attraverso maggiore domanda, ma i canali sono differenti, anzi alternativi”.
Beneficiando le famiglie si ha ripresa della domanda interna, tagliando gli oneri per le imprese si cerca di migliorare la competitività e si sostiene, così, la domanda estera netta. A ben vedere, non si può accelerare il PIL pensando di accrescere sia la domanda interna, sia quella estera. Le due cose tendono a elidersi.
Di cosa ha bisogno oggi l’Italia? I dati del IV trimestre confermano un’economia con consumi debolissimi (-0,1%) ed esportazioni nette in rialzo (+1,2% l’export e +0,2% l’import). Da qui si potrebbe dire che sono le spese delle famiglie da rilanciare, tenendo anche conto che esse hanno un maggiore impatto moltiplicativo sul PIL e, soprattutto, purché i 10 miliardi vadano esclusivamente alle fasce di reddito più basse, con maggiore propensione di spesa.
E’ un ragionamento giusto, che coglie la situazione di grande difficoltà i cui ci troviamo, con gli altri periferici, in Europa. Ma è anche non completo. In questa Europa, così asimmetrica, continuiamo a starci. Continuiamo a essere un’economia aperta. Le necessità di aggiustamento competitivo, secondo le modalità europee (tutto a carico dei periferici), non vengono meno; anzi possono intensificarsi per compensare la penalizzazione che subisce l’export netto a causa della maggiore domanda interna.
C’è il rischio che tali esigenze vengano perseguite dalle aziende “alla spagnola”, con peggioramento del mercato del lavoro per indebolire le retribuzioni lorde e aumentare la produttività. I benefici del trasferimento a favore delle famiglie potrebbero essere a quel punto ridotti in misura più o meno sostanziale. Se questa è la strada che si intende intraprendere, e ci sono motivi per farlo, è bene essere consapevoli di tutti gli sbocchi a cui essa può portare