Editoriale telegrafico sulle decisioni assunte dal Consiglio dei Ministri il 12 marzo 2014
1. In un Paese che soffre di una gravissima frattura tra opinione pubblica e ceto politico, il ritorno al dialogo tra l’una e l’altro va salutato come un fatto di importanza cruciale. Ed è importantissimo che la capacità straordinaria di comunicazione di Matteo Renzi sia posta al servizio di una politica che si colloca senza riserve dentro l’alveo della strategia di integrazione dell’Italia in Europa.
2. Altrettanto positivo è il fatto che per la prima volta il Governo si impegni per una rilevante riduzione netta della pressione fiscale: questa svolta costituisce il modo migliore nel quale il Governo possa accompagnare i primi segni di uscita dell’economia nazionale dalla recessione. E interrompe con una scossa positiva un troppo lungo periodo di sostanziale inerzia dell’esecutivo in questa legislatura.
3. È in sé positivo anche il fatto che questa riduzione del prelievo fiscale sia dedicata prioritariamente ai titolari dei redditi di lavoro più bassi. Ma è sbagliato che da questa riduzione siano stati esclusi i redditi bassi di lavoro autonomo: questa esclusione non può essere giustificata con una presunzione di evasione fiscale a carico di questa categoria di contribuenti.
4. Probabilmente avrebbe prodotto un maggiore incremento occupazionale immediato l’azzeramento dell’incidenza del costo del lavoro sull’imponibile IRAP; e questo avrebbe indirettamente recato beneficio a tutta la forza-lavoro e non soltanto ai 12 milioni di lavoratori dipendenti regolari. Ma sono comprensibili i motivi politici che hanno indotto il Governo a concentrare lo sgravio sull’Irpef.
5. La riduzione del 10 per cento dell’IRAP viene finanziata con un aumento dal 20 al 26 per cento delle rendite da azioni od obbligazioni. Questa misura corrisponde alla scelta, in sé giusta, di spostare il prelievo fiscale dai redditi di lavoro alle rendite; resta tuttavia il rischio che, per la fluidità dei mercati finanziari, si ripeta su questo terreno il sostanziale fallimento della Tobin Tax introdotta nel 2012.
6. Le misure di liberalizzazione dei contratti a termine corrispondono all’“accordo Expo” stipulato a Milano da sindacati e imprenditori, e sono misure opportune. Resta il fatto che le resistenze di sinistra Pd e Cgil a una flessibilizzazione del contratto a tempo indeterminato fanno sì che queste misure siano probabilmente destinate a produrre una ulteriore contrazione della quota, già molto ridotta (una su sei), di assunzioni a tempo indeterminato nel flusso generale delle assunzioni.
7. Va salutata positivamente la presentazione da parte del Governo del disegno di legge-delega per il nuovo Codice semplificato del lavoro. Qui va, però, rilevato il contenuto molto generico del disegno di legge: il confronto in proposito si sposta in Parlamento. L’auspicio è che in questa sede prevalga l’opzione per una vera semplificazione e allineamento della legislazione ai migliori standard europei.
8. Positiva è, in particolare, la parte del disegno di legge-delega sul nuovo Codice del lavoro riferita agli ammortizzatori sociali, che tende a portare a compimento la riforma avviata dalla legge Fornero del 2012, con la riconduzione della Cassa integrazione alla sua funzione originaria e l’ampliamento e rafforzamento del sostegno del reddito ai disoccupati, coniugato con misure efficaci per il loro reinserimento nel tessuto produttivo e condizionato alla loro disponibilità effettiva.
9. In materia di servizi per l’impiego, infine, il biancio pesantemente negativo che si registra in un numero altissimo di Regioni giustifica ampiamente l’istituzione di una struttura di missione statale, che intervenga secondo il criterio della sussidiarietà nelle situazioni nelle quali si registrano livelli bassi di efficienza dei servizi. Questo sarà particolarmente importante per l’attuazione del programma Youth Guarantee.