Una possibilità va data a tutti, sempre e comunque. Anche se la scelta di inserire Vladimir Putin nella lista dei candidati al Nobel per la Pace (sono 278 le personalità in lizza) sembra alquanto discutibile.
Insomma allora anche mia nonna potrebbe (o forse dovrebbe) vincerlo, o quantomeno poter partecipare. Putin è un guerrafondaio, un uomo pronto ad innescare conflitti, uno che ha sostenuto guerre in medio oriente e che è già pronto con il suo esercito per bastonare – se lo riterrà necessario- l’Ucraina.
Per non parlare poi dei diritti dei gay, evidentemente collassati sotto il suo pugno di ferro, un tema messo in risalto soltanto recentemente con le olimpiadi invernali di Sochi.
Però se ci pensiamo bene questa candidatura un senso ce l’ha. Assomiglia un po’ al Nobel che fu dato ad Obama proprio all’inizio del suo mandato. È un premio di incoraggiamento. Come una caramellina dolce che si offre ad un bambino indisponente: Vladimiro se non invadi l’Ucraina e se fai il bravo vedrai che ad Ottobre ti chiameremo ad Oslo per ritirare il Nobel.
Come ragionamento può reggere ed ha anche un qualcosa di profondamente nobile perché ci fa capire che ci sono persone, in questo caso nella commissione del premio, che sanno fare la parte degli adulti, quelli che la caramellina la danno e che sanno rinunciare a ciò che realmente vorrebbero fare per assicurare al mondo che i figli crescano con buoni principi.
Che vinca Putin allora. Tanto quelli come Papa Francesco (lui anche è candidato) sono consapevoli che una caramella in tasca in meno non cambierà di certo la propria storia.