È una scelta giusta il taglio Irpef concentrato sui contribuenti delle fasce di reddito più basse, che hanno propensione al consumo più elevata. Va nel senso di attenuare la situazione di difficoltà delle famiglie (il potere d’acquisto pro capite è arretrato in termini reali ai livelli del 1988) e di sostenere la congiuntura.
A parità di altre condizioni, le maggiori spese di questi consumatori potrebbero accrescere il PIL anche di uno 0,3% nel 2014 (quando la riduzione Irpef è di 6,6 miliardi).
Poco percettibili sarebbero, invece, gli effetti sul PIL della riduzione dell’Irap per le imprese. Una ripercussione favorevole sul ciclo dovrebbe avere l’iniezione di liquidità col pagamento alle imprese dei debiti PA. I precedenti pagamenti sono andati in gran parte a riduzione dell’esposizione bancaria delle imprese e a saldare gli arretrati con i fornitori; in questa fase più positiva del ciclo, si potrebbe vedere qualche effetto sugli investimenti.
Resta, però, il punto interrogativo del costo complessivo delle misure e della loro copertura finanziaria.
È un passaggio essenziale per ridurre margini di incertezza e consentire, così, il pieno dispiegamento degli effetti espansivi quando le misure verranno realizzate.
Occorre tenere conto che accanto ai provvedimenti su Irpef, Irap, Aspi, edilizia scolastica, costo energia, ecc., anche la decisione di liquidare i restanti debiti PA (stimati in 68 miliardi) va a impattare, in una misura da determinare, sul disavanzo di quest’anno e di quelli futuri, oltre che ad accrescere naturalmente il debito. La Commissione ha giudicato insufficiente l’obiettivo di deficit/PIL (2,6% nelle sue stime) per il 2014, rispetto al percorso che l’Italia dovrebbe seguire verso l’obiettivo di medio termine.
Se c’è una strada di possibile rinegoziazione del vincolo di bilancio con l’UE è utile percorrerla.
Prima si chiariscono questi aspetti, tanto più efficace sarà l’azione del governo” – conclude De Nardis.