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La “spinta propulsiva” di Renzi

Il renzismo ha già esaurito quella sua “spinta propulsiva” – per citare Berlinguer – che tante speranze aveva destato? Sembra un po’ presto, ma può anche darsi: o può darsi che quella spinta appartenesse al renzismo percepito, e non a quello reale, che essa fosse stata alimentata da una rara potenza retorica e declamatoria e da nulla più.

Ma c’è da aggiungere che le parole sono o compongono atti, “atti linguistici”, e che modificano la realtà, tanto quanto i fatti: perciò, è bene valutare, di per sé stessi, gli effetti reali del renzismo verbale, che sono stati positivi, succeda quel che succeda: difficile sopravvalutare i mutamenti ideologici che Renzi ha introdotto, nel perimetro ammuffito del progressismo italiano.

Il rischio che tutto si sgonfi, giunti a questo punto, esiste, ma qualcosa è cambiato, e nulla potrà più essere come prima, anche se alcuni proveranno a sostenere che, invece, tutto dovrà essere come prima, pena il tradimento di chissà quali ideali, che non sono più buoni per nessuno e che sembrano andare, anzi, contro i deboli stessi, gli oppressi, se messi in pratica da un’élite politica drammaticamente antiquata, cioè paleo-post-marxista.

Se potessi offrire un consiglio a Renzi, ammesso che ne abbia bisogno e che non sia circondato già da troppi strateghi, gli proporrei di sottoscrivere una sorta di patto. Con chi? Con quei tanti che vorrebbero gridargli: “Facci vedere che la classe politica sa farsi rispettare, e vi rispetteremo”. Il che vale a dire: basta farsi sbertucciare da quel nazistello annoiato e noioso, basta permettergli di sfanculare chi vuole e di non replicare, di incassare i suoi colpi, a testa bassa, Vale a dire, anche: sputtaniamoli, sputtaniamoli tutti, i mestatori e rimestatori, gli agitatori televisivi, gli odiatori internettiani seriali, e coloro che sperano nel peggio, sapendo che potranno trarne un qualche profitto, in termini di visibilità personale, gloria mediatica, numero di scimmiette addestrate capaci di ripetere i loro slogan. Tutta un’altra Italia non vede l’ora di emergere: basta che qualcuno dia un segno, dia il via.



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