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Caltagirone, Suez, Del Vecchio. Tutte le guerre di Marino ai gruppi privati ed esteri

Cosa hanno in comune Caltagirone, Del Vecchio e Marino? Al netto di personalismi o di direttrici di marcia imboccate, il dato riguarda il Campidoglio e una sorta di sotterranea rete di conflitti avviata dal Primo Cittadino della Capitale con gruppi privati ed esteri.

ACEA, CASUS BELLI

Nel mirino, in particolare, l’Acea, il cui cda replica alle richieste del socio pubblico circa il taglio dei membri e degli emolumenti, rimandando il tutto al prossimo 5 giugno. E provocando la reazione del sindaco che fa partire la diffida. Al cda Marino ha risposto con una diffida al collegio sindacale di Acea. Il cda avrebbe “stravolto il calendario societario”. Inoltre, si legge nel documento, “rispetto ai punti all’ordine del giorno richiesti dal socio di maggioranza, la dilazione reca gravissimo danno alla società, agli azionisti e a Roma Capitaleriguardando sia l’assetto della governance societaria sia gli emolumenti del consiglio di amministrazione che gli attuali componenti stanno continuando a maturare nella inammissibile dilazione che essi stessi stanno generando”.

IL FORCING DI MARINO

Marino da tempo (sin dai primi giorni di campagna elettorale nel 2013) aveva manifestato la propria intenzione di sforbiciare i compensi dei manager di Acea, anche se il nodo principale attiene la volontà di ridurre i componenti del cda dagli attuali nove a cinque così suddivisi: uno per Caltagirone, 3 per il Campidoglio e 1 per Suez. Un passaggio che avrebbe una doppia conseguenza: in primis battezzerebbe una struttura del consiglio ex novo che muterebbe di fatto gli assetti di potere a favore del Campidoglio, in secondo luogo si aprirebbe ad un nuovo cda. Un fronte che si intreccia con quello della privatizzazione, passaggio sul quale si era espresso anche Maurizio Stirpe, presidente di Unindustria, l’associazione territoriale del sistema Confindustria di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo, secondo cui dopo il cda di due giorni fa la situazione potrebbe migliorare “solo tramite un’opera di privatizzazione, un percorso ostacolato non solo da Marino, ma anche dai sindacati”.

IL MESSAGGERO DELLE CRITICHE
Un rapporto quello del quotidiano di via del Tritone con il sindaco che è stato saggiato anche in occasione della decisione di pedonalizzare i Fori Imperiali la scorsa estate. Porprio nel giorno in cui aprì il cantiere in via Labicana Il Messaggero dedicò un ampio reportage con un vero e proprio «viaggio strada per strada e non si prospetta nulla di buono». Fotografando i punti critici, come ingorghi, auto in doppia fila, proteste di pendolari e di chi in quel tratto di strada ci lavora come i tassisti. Senza dimenticare lo sciopero dei vigili andato in scena poche settimane fa, a cui il quotidiano ha dato ampio risalto. Un atteggiamento che segue le urticanti inchieste sul passato professionale del sindaco-chirurgo rilanciate prima delle elezioni municipali dal quotidiano di proprietà di Francesco Gaetano Caltagirone.

NUOVO FRONTE IMMOBILIARE
Ma ecco a che a margine del caso Acea il caso relativo alla società immobiliare Beni Stabili si inserisce nel complesso movimentismo che ha caratterizzato il sindaco Marino. Si tratta di una società (al 60% di Foncière des Régions e al 30% della famiglia Del Vecchio) che presenta numerosi e datati contenziosi legali con il Comune di Roma, ha raccontato Carlotta Scozzari su Dagospia.
Il caso più spinoso riguarda l’esproprio di un terreno da parte della pubblica amministrazione, per cui il Campidoglio, in parziale esecuzione delle sentenze di primo grado, ha già dovuto pagare 6,5 milioni di euro. Esempio che si somma a quello di EdilLaurenthia 72 spa, incorporata nel 2007 in Beni Stabili, per il saldo del prezzo di vendita del residence Fabianella di Roma. Nel 2004 il comune è stato condannato a pagare 4,24 milioni ma la Corte d’Appello, nel 2009, ha negato il diritto di Beni Stabili alla somma.

IL COSTO DELLA ROTTAMAZIONE IN ACEA
A Parigi Marino ha anche incontrato nei giorni scorsi Jean-Louis Chaussade, numero uno di Suez. Facile immaginare di come la controparte francese non abbia gradito la fuga in avanti nel caso Acea, ragion per cui in molti si spingono ad ipotizzare che una soluzione potrebbe essere trovata in un compromesso sul cda, portato da 9 a 7 e il cambio di presidente. Senza dimenticare che un cambio del board potrebbe essere approvato, ma solo dal 2016. Nel frattempo, stimano i legali di Acea (Zoppini e Marchetti) il costo per remunerare comunque i consigli di amministrazione che si intendono rottamare prima della loro naturale scadenza è all’incirca di 5 milioni di euro, come si racconta qui.

twitter@FDepalo

 

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