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Perché il piano di Renzi è tutt’altro che di sinistra

La giornata di ieri è stata sicuramente, dal punto di vista politico, la più importante degli ultimi anni. Finalmente il programma economico di Matteo Renzi è diventato reale, misurandosi con la materialità delle cose da fare. A prescindere dalla sua conferenza stampa, scontatamente efficace e brillante, il premier ha disegnato un ampio raggio d’interventi che vanno senz’altro nella direzione giusta per tutti.

Il piano su lavoro, infrastrutture ed economia si propone senza cedimenti nella rotta della tanto osannata “rivoluzione liberale”, avviando la massiccia e urgente operazione di defiscalizzazione, con un taglio secco dell’Irpef nelle buste paghe dei dipendenti e dell’Irap nelle casse delle aziende. Come ha spiegato bene Gianfranco Polillo a Omnibus, il primo lato di questa scelta determinerà da maggio un risultato positivo sui consumi se sarà accompagnato, come deve essere, da un altrettanto forte riforma strutturale del mercato del lavoro. Il massimo sarebbe, in definitiva, poter avere qualcosa di assodato prima del semestre europeo, in modo tale da poter rinegoziare, almeno in parte, il patto di stabilità con Bruxelles su una base non più dimessa ma tenace.

Ciò nonostante, com’è logico, le reazioni critiche non si sono fatte attendere. Forza Italia ha rilevato il problema delle coperture, le quali devono riguardare, oltretutto, anche l’oneroso investimento di 3,5 miliardi per gli edifici scolastici e di 1,7 per il piano case. Intendiamoci, è prezioso che l’opposizione si faccia sentire in modo al contempo duro e ragionevole. Essere pungolata con onestà e risolutezza è per la maggioranza uno stimolo in più, specialmente con la garanzia di lealtà del patto sulle riforme istituzionali.

In fin dei conti, se è prematuro lanciarsi in strali di esaltazione, lo è anche lanciare anatemi pregiudiziali. Guardando bene l’oggettività dei fatti, la filosofia di fondo seguita dal governo s’indirizza verso due obiettivi positivi, derivati dal contributo armonico delle forze antagoniste che sostengono Renzi, vale a dire Pd e Ncd. Il prodotto è il taglio alle spese, con annessa la quanto mai necessaria riforma della pubblica amministrazione, e l’attenzione alla classe medio-bassa della società, in agonizzante sofferenza, cui è dato finalmente un po’ di ossigeno da respirare.

A dire il vero, questa strada politica è non soltanto quella giusta, ma corrisponde alle aspettative che gli italiani hanno da almeno vent’anni. La vera originalità è semmai la risolutezza del leader e il credito che gli è concesso dai poteri forti, che potrebbe essere il volano decisivo di cui beneficiare collettivamente. D’altronde, l’attuale non è la “manovra più di sinistra degli ultimi anni”, come Renzi l’ha astutamente definita, bensì la prima vera azione di centrodestra in materia economica e sociale che sia stata fatta in Italia per gli italiani. Basti pensare che sul lavoro l’esecutivo si è messo alla stregua di Marco Biagi e Maurizio Sacconi, e non della CGIL; e su spesa e investimenti sul binario del primo Tremonti, e non sulla falsariga di Visco e Saccomanni, come ha spiegato ieri Maurizio Lupi.

Bene Renzi, dunque! E bene l’apporto d’idee e di concretezza concesso al Paese dal Nuovo Centrodestra. Chissà che un mattino non ci svegliamo tutti un po’ più liberali e popolari, e un po’ meno populisti e parassitari.


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