Proprio nel decennale della Politica Europea di Vicinato l’Unione europea, e con essa la Germania, è stata marginalizzata nei colloqui sull’Ucraina che si stanno svolgendo a Londra direttamente tra Russia e Usa. Una netta sconfitta per la baronessa Catherine Ashton, britannica, e capo del Servizio per l’Azione Esterna dell’Ue.
Era piuttosto imbarazzante ascoltare ieri sera Pierre Vimont, segretario generale del Servizio Ue per l’Azione Esterna, ammettere che “non esiste una strategia europea” in materia di politica estera e di sicurezza, ma che l’Ue dispone solo di “una scatola degli attrezzi, troppo lenta e standardizzata per affrontare crisi come l’Ucraina”.
Alla stessa riunione partecipavano i principali esperti e consiglieri europei di politiche di vicinato che hanno tracciato un resoconto dettagliato dei fallimenti dell’Ue in questi 10 anni. La “visione eurocentrica” combinata con “attrezzi che erano stati pensati per tempi di pace”, “l’applicazione di condizionalità standard per tutti i paesi del vicinato”, “la decontestualizzazione degli interventi”, “le divergenze di interessi tra gli stati membri”, e “l’assenza di capacità di analisi strategica e di previsione” hanno fatto perdere all’Ue molte opportunità. Un esperto ha detto che “nessuno a livello Ue aveva visto arrivare le crisi, i cambiamenti, le rivoluzioni, le primavere” e quindi si è continuato a trattare quei paesi con la normalità amministrativa di sempre. Insomma, una macchina concepita maluccio, che non si è adattata ai tempi e che oggi funziona male.
Dei 16 paesi che sono beneficiari dei programmi europei di vicinato, in questi 10 anni ben 4 si sono trovati in guerra e altri 6 hanno vissuto rivoluzioni e ‘cambi di regime’. Insomma, la promessa del ‘soft power’ europeo, con il mix di attrezzi per la democrazia, lo stato di diritto, e lo sviluppo socio economico, è stata fallimentare se non addirittura nociva. A questo si aggiunge il fatto che altri attori statali (ad esempio i paesi del Golfo) e organizzazioni internazionali dispongono di offerte economiche talmente superiori a quelle europee che l’attrattività dell’Ue è molto limitata. Anche nella gestione dell’Ucraina, l’Ue ha creato aspettative, offrendo un ampio partenariato, ma senza sostenerlo con i fondi necessari, per cui il presidente Yanukovic che, nonostante tutto, voleva firmare l’accordo con l’Ue ha scelto l’offerta concreta di 15 miliardi della Russia.
Nel periodo di programmazione 2007-2013 il bilancio a disposizione dell’Ue per le politiche di vicinato era di soli 12 miliardi di euro e per il 2014-2020 è stato aumentato a 15.4 miliardi di euro. Invece, solo per l’Egitto i paesi del Golfo hanno offerto 12 miliardi di dollari e gli Usa circa 4 miliardi. Invece, per l’Ucraina, dopo il disastro, l’Ue ha improvvisamente pensato di fornire un pacchetto economico di 11 miliardi. Quanto ad una strategia non se ne vede l’ombra.
Appare chiaro che al di la delle belle parole, delle presentazioni in power point, dei consulenti e esperti, l’Ue ha capacità, conoscenze e impatto limitatissimi.
Nella speranza che un’iniziativa italiana del nuovo governo Renzi possa ‘cambiare verso’ anche all’Ue, ecco qualche proposta:
a) Non basta nominare un ‘Alto Commissario’ migliore dell’attuale, ma si deve dare una vera direzione politica e strategica all’azione esterna dell’Ue, non confondendola sintatticamente e concettualmente con “le politiche europee” che sono un insieme di strumenti programmatici e operativi. Oggi ci sono solo “le politiche” senza la politica estera e di sicurezza europea!
b) Si deve far nascere una cultura europea per l’analisi strategica in materia di politica estera e di sicurezza, permettendo un vero dibattito sostanziale, politico e critico, sulla direzione che l’Ue deve prendere rispetto a singoli paesi, aree geografiche, e fenomeni globali. Oggi ci sono solo dei think tank ‘europei’ e ‘addomesticati’ al pensiero unico della Commissione, incapaci di produrre quello stimolo intellettuale che nutre e sostiene le scelte politiche!
c) Si deve abbandonare la cultura eurocentrica e neocoloniale perché l’Ue ‘abbracci il mondo’, una rivoluzione simile a quella che ha portato Papa Francesco nella Chiesa che da universalistica sta ritrovando il suo spirito universale. Oggi, nel migliore dei casi, il personale e gli esperti sono cresciuti in un ambiente autoreferenziale che non riesce neppure a mascherare i propri limiti!