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Perché io, europeista, critico questa Europea. Parla Giuliano Urbani

La moneta unica, il ruolo dell’elettorato di centrodestra, l’incapacità democratica del parlamento europeo. E ancora, la candidatura di Silvio Berlusconi e le difficoltà italiane di creare un Ppe. Le prossime elezioni europee, le più euroscettiche della storia continentale, analizzate dall’ex ministro Giuliano Urbani, tra i fondatori di Forza Italia e oggi promotore assieme a Renato Altissimo, Alfredo Biondi, Maurizio Irti, Enrico Musso, Carlo Scognamiglio de “I Liberali”.

Come migliorare l’Unione Europea senza scadere nel populismo anti tutto?
Semplicissimo, completando l’Europa con più solidarietà europea tra Paesi, senza la quale è complicato realizzare provvedimenti positivi. Invece si genera solo rivalità e incomprensioni.

Come intrecciare il cambiamento strutturale che chiede l’Europa con minor rigore che soffoca la ripresa?
Il punto è che abbiamo fatto l’Europa lasciandola a metà: non abbiamo una banca centrale che stampi moneta; né un meccanismo decisionale che risulti ragionevolmente democratico che sia legittimato dal voto. Queste non sono elezioni per eleggere il governo per l’Europa, ma per eleggere un Parlamento che conta molto poco. Abbiamo realizzato una cosa a metà strada tra il cosiddetto modello intergovernativo e ciò che conta realmente, ovvero una comunità fra stati. Ricordo i numerosi aiuti che abbiamo offerto alla Germania negli anni della riunificazione: la conclusione è che la Germania oggi è egemone. Un passaggio citato da tutti, anche dall’attuale presidente del Parlamento europeo Martin Schultz, tedesco e socialista. A quella domanda tremendamente complicata risponderei con semplicità: occorre un’Europa più democratica.

L’ipotesi di Silvio Berlusconi candidato alle europee è realistica?
Il tema coinvolge un mare di questioni giuridiche e di legittimità politica che tra l’altro sono nuove, dal momento che non esistono precedenti. Ma al di là di un punto di vista prettamente formale, Berlusconi è il capo di un partito che ha un grosso seguito tra gli italiani. Quindi alle europee, candidato o meno il suo leader, quel partito parteciperà comunque.

Come mai mentre il Pd confluisce nel Pse, a destra si fatica a creare un Ppe italiano?
Non si riesce a crearlo perché le visioni di Europa dei vari attori protagonisti in realtà non coincidono. Facciamo un esempio: la Lega Nord vuole uscire dall’euro e dall’Ue, gli alfaniani sono euristi tout court, Berlusconi probabilmente è più critico che altro. Ma vedremo a maggio che posizione assumerà. Per cui ecco che coesistono posizioni abbastanza diverse. Per la destra italiana questa Europa non è né carne né pesce.

Qual è la prospettiva del centrodestra italiano, impegnato a trovare una difficile quadra tra popolari e moderati?
Dal punto di vista dell’assetto partitico non lo sappiamo ancora, ma come forza rappresentativa è evidente che è più forte rispetto all’altro versante ed è quotidianamente alimentato dai numerosissimi errori della sinistra commessi nel corso degli anni. Ad oggi direi che molte pulsioni sono alimentate dagli errori dei governanti europei, in particolare dall’esito disastroso della moneta unica.

Di chi sono le maggiori responsabilità?
Una moneta creata per arricchirci e per unificare, oggi ci fa diventare più poveri e ci divide. Fallimento maggiore non poteva esserci. E lo dico con estremo dispiacere, sono fra quelli che vi hanno creduto, ma governato in questo modo da istituzioni incapaci è troppo difficile difenderlo.

twitter@FDepalo

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