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Ttip, tutti i passi dell’accordo contrastato tra le sponde dell’Atlantico

Si scaldano i motori per la visita del presidente Barack Obama, che sarà a Roma il prossimo 27 marzo. Il capo di Stato americano sarà a colloquio per la prima volta con Papa Francesco, in un viaggio che ha come primo obiettivo quello di rafforzare il legame tra la Casa Bianca e la Santa Sede.

Nella Capitale il leader statunitense incontrerà anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il premier Matteo Renzi. L’occasione sarà proficua per sondare lo stato dell’arte di molti dossier a cui stanno lavorando gli sherpa dell’Amministrazione Usa, a cominciare da difesa e sicurezza (programma Jsf, ma non solo) per finire al Ttip, l’ambizioso piano di partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti.

Non è un caso che la sortita romana del leader Usa sia preceduta dalla prima visita di Obama alle istituzioni Ue, in programma a Bruxelles il 26 marzo, il giorno precedente all’arrivo in Italia.

L’IMPORTANZA DEL TTIP
Il Ttip – che in Italia sarebbe visto con estremo favore anche da Confindustria – ha per gli Stati Uniti un’importanza strategica, come ha confermato un alto rappresentate del governo americano, di ritorno dalla capitale belga dove ha seguito il nuovo round negoziale con l’Ue. Non solo: da un lato la crisi ucraina, dall’altro la necessità di contenere quanto prima l’esuberanza cinese (una strategia di cui fanno parte sia il Pivot to Asia, lo spostamento del baricentro geopolitico di Washington in Far East, sia il Ttp, il trattato commerciale “gemello” che gli Usa promuovono con i Paesi asiatici, Pechino esclusa), hanno convinto il presidente Usa ad accelerare. Per rendere possibile ciò, l’Amministrazione Usa considera prioritario negoziare principalmente con le istituzioni europee – il coinvolgimento politico sembra essere forte – ma soprattutto coinvolgere media e stakeholder dei Paesi membri per creare maggiore consapevolezza e condivisione su quelle che Washington considera le opportunità dell’accordo, sia in termini di crescita sia come precedente positivo per altri accordi analoghi.

I TEMPI E I RITORNI ECONOMICI
Non ci sono per il momento tempi certi di scadenza, né una timeline definita, almeno ufficialmente. Come da prassi rodata il governo americano preferisce non sbilanciarsi, lasciando intuire, però, che ci sia un forte impegno – almeno oltreatlantico – per chiudere i negoziati entro la fine del 2015. Un atteggiamento prudente, che cozza con le cifre sbandierate dalla Commissione europea. Sul suo sito, Berlaymont cita ricerche indipendenti che mostrerebbero come il Ttip potrebbe far aumentare l’economia europea di 120 miliardi di euro; quella americana di 90; quella del resto del mondo di 100.
Numeri che, secondo alcune fonti interne, l’Amministrazione Usa considera prematuro fornire, dal momento che molti dettagli dei complessi negoziati, iniziati a luglio 2013, sono ancora tutti da definire.

PROGRESSI E SCOGLI
Pur dichiarato progressi, gli scogli maggiori, ha rivelato la rappresentante del governo americano, sono senza dubbio in due settori: farmaceutica e agricoltura (dagli Ogm alla diversità delle colture). L’azione dei negoziatori si sta concentrando sul’identificazione di tutte le divergenze superabili per arrivare a soluzioni condivise. Per questo Washington punta tutto sulla trasparenza del processo decisionale. Altri aspetti, come quello relativo a dumping salariale, norme sanitarie e sul lavoro o qualità e sicurezza dei prodotti non impensieriscono invece le rispettive parti, essendo due aree sostanzialmente omogenee dal punto di vista dello sviluppo economico e tecnologico. Particolare importanza rivestono anche i capitoli sull’innovazione, la riduzione o l’azzeramento delle tariffe doganali, i cosiddetti dazi, e le Pmi, componenti chiave del negoziato assieme all’e-commerce (altri aspetti, come quelli di una nuova governance di Internet e le istanze di maggiore privacy promosse dopo il Datagate principalmente dalla Germania e che Berlino voleva subordinare al Ttip si starebbero invece discutendo in altri contesti).

PICCOLE E MEDIE IMPRESE
Gli Usa, per placare i timori europei che il tessuto produttivo e dei servizi del Vecchio Continente possa essere “fagocitato” dalle corporation americane, stanno proponendo un chapter ad hoc dedicato alle imprese di taglia piccola e media. Le grandi compagnie, concordano a Washington, conoscono il loro business e il mercato globale, le Pmi hanno bisogno di maggior sostegno. Dinamiche e veloci nel crescere, le aziende medio-piccole rappresentano una componente importante per la crescita e potrebbero beneficiare di procedure normative più chiare e trasparenti incluse nel Ttip.



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