Skip to main content

Caos Libia, urne a rischio

Fermato voto sul prossimo premier, irruzione armata nel Parlamento, feriti e tensione alle stelle. Precipita nuovamente la situazione in Libia, dopo che alcuni uomini armati hanno interrotto la votazione sul prossimo premier, provocando la fuga in massa dei deputati. Mentre non si ha ancora contezza del numero dei feriti, ecco che spiccano nuovi ed inquietanti dubbi sulla stabilità del paese, dopo che lo scorso 13 aprile l’attuale premier Abdullah al Thani aveva annunciato le dimissioni, da soli 5 giorni in carica.

ATTACCO
Mentre all’interno del Parlamento i deputati erano intenti ad esprimere il proprio voto sul prossimo premier, un gruppo di combattenti vicini ad uno dei candidati non eletti ha fatto irruzione ferendo alcuni presenti e provocando un fuggi fuggi generale per le strade della capitale libica. Alcune fonti giornalistiche riconducono l’attacco al gruppo di Mohammed al Orabi in contrasto con l’altro candidato Ahmet Maiteeq. La situazione è precipitata quando all’estero della Camera il focolaio di disordini si è tramutato in attacco vero e proprio con l’irruzione armata.

VOTO
Sin dalle prime ore di oggi il Congresso Generale Nazionale è impegnato per votare il premier che sostituirà Abdullah al Thani che il 13 aprile aveva annunciato le dimissioni, dopo un attentato a Tripoli contro la sua famiglia. Al momento favorito è l’imprenditore Ahmed Mitig con 67 voti seguito dall’accademico Omar Al Hassi, con 34 voti (152 erano i deputati presenti). Occorrono almeno 120 voti nella successiva elezione. Gli altri cinque candidati non dovrebbero avere particolari chanches di elezione.

FUTURO
Ma al di là di chi uscirà vincitore dalle urne, ecco che il nuovo premier potrebbe correre il rischio di restare in carica pochi mesi, dal momento che la Camera dei rappresentanti verrà rinnovata a breve e, di conseguenza, eleggerà un nuovo capo dell’esecutivo, contribuendo a foraggiare un’instabilità politica che nel Paese ormai è prassi consolidata.

CAMERA
Il Parlamento sarebbe dovuto essere dichiarato decaduto lo scorso febbraio, ma due mesi prima una legge ad hoc ha provveduto a prorogarlo, con una serie di polemiche da parte dell’opposizione legate all’opportunità della decisione. In quell’occasione le proteste sfociarono in una serie di manifestazioni di massa, al fine di ottenere immediate elezioni.

INVITO DI RENZI
Ma il caos libico attiene anche altre tematiche che esulano le elezioni. L’immigrazione ancora una volta è al primo punto dell’agenda europea, tanto che anche il premier italiano è intervenuto nel dibattito sul caso libico, a poche ore dall’allarme lanciato dal Viminale su un possibile maxi esodo dalle coste dell’Africa verso l’Europa. “In Libia bisogna mandare un inviato speciale dell’Onu, lo chiederemo formalmente come Italia” ha detto il presidente del Consiglio, annunciando che nei prossimi giorni il segretario generale Ban Ki Moon sarà a Roma. “Se riusciamo a portare l’agenzia dei rifugiati a intervenire sulle coste libiche forse c’è un minor rischio di intervento in mare, se Mare nostrum non è fatta solo dalla Marina Italiana ma dall’Ue forse le cose vanno meglio”.

VIMINALE
Il direttore centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere, Giovanni Pinto, in occasione di un’audizione dalle commissioni Difesa ed Esteri riunite del Senato aveva lanciato un preciso allarme: 800mila migranti sarebbero pronti a partire alla volta dell’Italia. Ma all’indomani dei risultati snocciolati circa l’operazione Mare Nostrum ecco che a preoccupare è l’intero sistema di accoglienza “al collasso, non abbiamo più luoghi dove portare i migranti e le popolazioni locali, non solo quelle siciliane, sono diciamo così indispettite da questi nuovi arrivi che disturbano anche le attività ordinarie”.

 


CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter