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Chi ostacola lo sfruttamento del petrolio

Ci sono in Italia riserve stimate di petrolio di 700 milioni di tonnellate: ai ritmi attuali di sfruttamento dei pozzi esistenti durerebbero per 50 anni. Nel momento in cui il Paese dovrebbe ridurre i costi delle importazioni energetiche ed ha un disperato bisogno di rilanciare la sua crescita nei tempi più rapidi possibili, non bisognerebbe allora puntare al pieno utilizzo di queste risorse minerarie?

E i permessi di coltivazione dei giacimenti alle compagnie che da tempo li attendono non andrebbero rilasciati, naturalmente nel pieno rispetto delle norme che ne regolerebbero l’esercizio e con l’impiego di tecnologie e best practices utili a minimizzare se non ad azzerare il rischio di incidenti rilevanti nelle aree di estrazione?

Dobbiamo solo continuare a pagare, senza poterli ridurre, prezzi elevati per gli approvvigionamenti agli oligarchi russi, ai teocrati iraniani o alla Libia?

LE PERPLESSITA’ PER LA MOZIONE DEL SENATO

Per tali ragioni desta perplessità la mozione approvata dall’aula del Senato nei giorni scorsi con la quale si auspica che il governo neghi l’autorizzazione a prospezioni per ricerca di idrocarburi entro il limite di 12 miglia dalle coste, suggerendo così all’esecutivo una linea operativa che di fatto ridurrebbe drasticamente ogni ulteriore intervento volto a valorizzare le risorse minerarie di cui il nostro Paese dispone e di cui ha bisogno.

I VANTAGGI DALLO SFRUTTAMENTO DEL PETROLIO

Lo sfruttamento del petrolio estraibile in ambito nazionale rafforzerebbe peraltro tutto l’indotto industriale del settore: aziende impiantistiche, elettromeccaniche, navalmeccaniche – per i giacimenti sottomarini – industrie produttrici di pompe e valvole per l’energia come GEOil&Gas-Nuovo Pignone, alcune delle quali localizzate nel Sud, a Bari, Brindisi, Taranto, Priolo, Gela, o che nelle regioni meridionali potrebbero trovare convenienza ad insediarsi.

IL CASO BASILICATA

Si osservi al riguardo quello che da anni sta accadendo in Basilicata, nella sostanziale disattenzione dei grandi media: mentre si amplia con nuovi pozzi l’estrazione in Val d’Agri da parte dell’Eni, con il potenziamento del Centro Oli di Viggiano – da dove poi il greggio prelavorato giunge con oleodotto alla raffineria di Taranto – si preparano le estrazioni nell’altro grande polo estrattivo della Total a Corleto Perticaca ove dovrebbero entrare in esercizio il prossimo anno i pozzi locali con l’avviamento di un secondo Centro Oli, la cui costruzione è stata già avviata, e con una concessione nella quale sono entrati i giapponesi della Mitsui. Anche il petrolio di Corleto Perticara dovrà poi giungere a Taranto ove è prevista la costruzione di impianti di stoccaggio (il progetto Tempa Rossa) e nuove infrastrutture portuali con un impiego di 300 milioni di euro.
Gli investimenti complessivi già avviati e previsti per i prossimi anni nelle attività dei due poli estrattivi lucani ammontano a circa 3 miliardi di euro, con un indotto occupazionale – fra quello delle imprese direttamente impegnate a supporto delle estrazioni e aziende invece dell’indotto di secondo e terzo livello – che ormai supera le 2.500 persone, molte delle quali altamente qualificate: l’indotto occupazionale petrolifero in Basilicata costituisce ormai la seconda fabbrica della regione, dopo la Sata della FCA (Fiat Chrysler Automobiles) di Melfi. Si aggiunga che aumenterebbero le possibilità di impiego per geologi, ingegneri minerari, ingegneri meccanici e gestionali, chimici industriali.

Possiamo permetterci in un momento come l’attuale di ignorare o peggio di ostacolare lo sfruttamento di queste risorse a causa di resistenze ambientaliste? Se ne raccolgano le sollecitazioni all’impiego di tecnologie e pratiche estrattive ecocompatibili con tutte le procedure di vigilanza ecologica che è possibile già oggi imporre alle imprese impegnate sui pozzi, ma non si sottovalutino queste riserve petrolifere che sono preziosissime.

CHI OSTEGGIA L’ESTRAZIONE DEL GAS NELL’ADRIATICO

Lo stesso dicasi per i giacimenti già accertati di gas di cui anche l’Adriatico meridionale – dopo quello centro-settentrionale in acque nazionali e croate – è ricco. Bisogna tutelare le attività turistiche, si afferma da parte di chi osteggia le estrazioni. Pienamente d’accordo: ma per anni non si è estratto gas al largo della Romagna che resta una delle mete turistiche più trendy d’Europa? Forse gli amministratori e gli abitanti di Rimini e della Riviera romagnola sono meno sensibili alle problematiche ambientali di quelli del Gargano? E poi, si sono forse verificati incidenti in mare che ne hanno devastato irreversibilmente larghi tratti?

IMPIEGO DELLE RISORSE

Sulle piattaforme marine al largo di quella costa hanno lavorato a lungo anche giovani tecnici diplomati in scuole del Salento. Non sarebbe allora il caso di impiegarne tanti altri diplomanti e laureati in Puglia su piattaforme tecnologicamente avanzate ed ecocompatibili costruite nei cantieri di Brindisi e soprattutto di Taranto, ove la Belleli Off Shore sino al 2000 costruiva le grandi piattaforme che estraggono ancora oggi petrolio al largo della Libia o del Messico?

Federico Pirro

Università di Bari

Centro studi Confindustria Puglia


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