Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Papa Francesco, ecco come e perché negli Stati Uniti c’è chi fa resistenza alle novità di Bergoglio

“Dicono che sono comunista, ma la questione dei poveri è nel Vangelo”. La frase – ad effetto – è di Francesco, che l’ha pronunciata nel colloquio con alcuni giovani belgi che si è tenuto il 31 marzo scorso a Roma e che è stato poi trasmesso dalla tv fiamminga. La frase del Papa non è campata per aria, ma è relativa alle polemiche fortissime divampate negli Stati Uniti in seguito alla pubblicazione della Evangelii Gaudium, la prima esortazione apostolica di Bergoglio.

LE CRITICHE DI RUSH LIMBAUGH

A definire il Pontefice “un marxista” fu per primo il popolare commentatore radiofonico Rush Limbaugh, che criticò pesantemente Francesco: “E’ incredibile. Il Papa ha scritto sui mali intrinseci del capitalismo. E’ triste perché fa capire che non sa di cosa parla, quando si tratta di capitalismo e socialismo”.

I FILANTROPI CONTRO IL PAPA “CHE DIVIDE”

Ma Limbaugh – forte dei suoi circa venti milioni di ascoltatori assidui – non è l’unico ad aver lanciato strali all’indirizzo di Santa Marta. Jonathan Moseley, dei Tea Party, aveva scritto sul World Net Daily che “Gesù sta piangendo per le parole del Papa”. Terzo, in ordine di tempo, il milionario Ken Langone, cattolico devoto e filantropo. Ebbene, dopo aver letto alcuni passaggi dell’esortazione e ascoltato alcuni discorsi di Francesco, Langone ha informato il cardinale Timothy Dolan che un potenziale finanziatore di sua conoscenza ha messo in dubbio la sua partecipazione finanziaria al restauro della cattedrale di St.Patrick a New York perché “preoccupato dalle critiche del Papa verso il capitalismo. Le considera un elemento di esclusione”.

LE RISPOSTE NELL’INTERVISTA ALLA STAMPA

Sul punto, Francesco aveva risposto nel corso della lunga intervista pubblicata dalla Stampa lo scorso 15 dicembre: “Il marxismo è un’ideologia sbagliata, ma ho conosciuto diversi marxisti che erano brave persone, e quindi quell’aggettivo non mi offende”, aveva detto il Pontefice. In un primo anno di sostanziale luna di miele, le maggiori critiche all’operato di Papa Francesco giungono dagli Stati Uniti. E’ lì cosiddetto “problema americano” di Bergoglio. Il Papa preso alla fine del mondo ha in breve tempo cambiato i paradigmi di riferimento: meno battaglie quotidiane sui princìpi non negoziabili e più attenzione agli ultimi, a quelle periferie esistenziali su cui tanto insiste.

L’ASSE TRA GIOVANNI PAOLO II E RONALD REAGAN

Il fatto è che per la potente e ricca chiesa nordamericana questo significa ribaltare la prospettiva che l’ha guidata fin dai tempi dell’intesa tra Ronald Reagan e Giovanni Paolo II, negli anni Ottanta. Un asse che ha dato vita a una serie di vescovi conservatori (se non iperconservatori) posti nelle sedi chiave degli Stati Uniti. Da lì è poi nato il filone dei conservatori muscolari à la Dolan – presidente della conferenza episcopale americana dal 2010 al 2013 –, benché già il suo predecessore (il cardinale Francis George, arcivescovo di Chicago), avesse spostato a barra la destra dell’episcopato. Non è quindi un caso se i vescovi più apertamente critici nei confronti di Francesco siano stati quelli americani, benché successivamente abbiano corretto il tiro parlando di strumentalizzazioni. Lo stesso Dolan ricordava in un’intervista la scorsa estate che era stato eletto non solo un pastore, “ma anche un manager” per riformare la chiesa e la struttura del Vaticano.

LE CRITICHE DEI VESCOVI AMERICANI

Gli faceva eco l’arcivescovo di Philadelphia, mons. Charles Chaput, che conversando con il National Catholic Reporter notava l’insoddisfazione del fronte conservatore dell’episcopato americano circa l’agenda di Francesco: “l’ala destra della chiesa in generale non ha mostrato felicità per la sua elezione”, notava candidamente Chaput, conservatore anch’egli. In un breve saggio apparso recentemente su Limes, lo storico Massimo Faggioli, scriveva che “il cattolicesimo di movimento verso le periferie annunciato da Papa Francesco sottende anche il tentativo di prendere congedo dalla cultura politica di un certo cattolicesimo neoconservatore e neo-ortodosso.

TROVARE UN LINGUAGGIO ADEGUATO PER IL FAITHFUL DISSENT

Faggioli osservava che “per il cattolicesimo neo-ortodosso (quello di pubblicazioni come First Things, per esempio) la sfida è trovare un linguaggio adeguato per un faithful dissent, un linguaggio che sa esprimere il dissenso col magistero, un linguaggio che sa esprimere il dissenso col magistero in modo leale e fedele – un linguaggio che il cattolicesimo liberal ha imparato a caro prezzo durante i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI”.

CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter