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Eni, Enel e Finmeccanica, perché non condivido l’ossessione renziana sulle remunerazioni dei vertici

Nel valutare le nomine fatte dal governo dei nuovi presidenti di Enel, Eni, Terna, Finmeccanica e Poste Italiane molti commentatori si sono soffermati e divisi sulla bontà della scelta quasi solo al femminile. E’ evidente come questa impostazione sia una reazione, ideologica ed esagerata, ad un sistema in cui fino a ieri la classe dirigente era quasi interamente composta di maschi.

Solo il tempo dirà se le prescelte sono state, ex post, all’altezza del compito perché, al di là del genere, presiedere aziende come queste è tutt’altro che un incarico facile. Necessita esperienza, energie e capacità per gestire in modo equilibrato il rapporto dialettico tra il Consiglio di Amministrazione e l’Amministratore Delegato e molto tempo per poter garantire che il Consiglio che si presiede sia informato in modo adeguato sui dossier in approvazione, specie quando si dovranno operare scelte strategiche e delicate.

Ricordiamoci, infatti, che le aziende di cui stiamo parlando operano in settori che stanno vivendo cambiamenti di mercato epocali ed imprevedibili fino a qualche anno fa e che alcune di loro sono sotto la pressione di indagini della magistratura.

Il mestiere di Presidente di grosse società è sempre complesso, impegnativo e rischioso anche dal punto di vista penale. Per questo sembra pericolosa la proposta del governo che il compenso annuo per il presidente di Enel, Eni, Finmeccanica e Poste Italiane sia fissato in 238mila euro annui lordi. Alla fine per accontentare una certa piazza, che vuole un falò su cui bruciare tutte le élite, si rischia di rendere queste posizioni accessibili solo a chi ha un grosso patrimonio personale alle spalle.

Il salto culturale che ci sia aspetta dal governo Renzi è di combattere la demagogia e l’antipolitica (due facce della stessa medaglia) con la meritocrazia e la mobilità sociale. Spendere, in tutto, meno di un milione di euro per remunerare chi presiede quattro delle maggiori società italiane, che fanno un terzo della capitalizzazione della nostra Borsa, è una scelta pericolosa. Per rincorrere Grillo stiamo tornando all’Italia dei notabili.

Twitter @actavecchio



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