Dal 7 aprile sono in corso di svolgimento in India le elezioni politiche per eleggere i 543 membri della Lok Sabha, o Camera del Popolo, che detiene l’essenza del potere politico. Altri due sono nominati dal presidente, per rappresentare la comunità anglo-indiana. Le elezioni finiranno il 12 maggio.
IL SISTEMA INDIANO
Il sistema elettorale è all’inglese: collegio uninominale a turno unico. Esso prevede un’equilibrata rappresentanza delle molteplici e complesse realtà territoriali del Paese. Le elezioni si svolgono in nove giorni. In ciascuno votano più Stati della federazione. I risultati si conosceranno quattro giorni dopo la chiusura dei seggi.
In India, esiste poi una Camera Alta o Consiglio di Stato (Rajya Sabha), con ruolo essenzialmente consultivo. I suoi 245 membri, sono eletti dai parlamenti e governi dei 28 Stati indiani (fra poco 29) e dei territori federali, eccetto 12, nominati dallo stesso Consiglio, li sceglie fra le personalità più rappresentative delle varie professioni.
La gestione delle elezioni rappresenta un momento di massima efficienza per uno Stato, come l’India, la cui amministrazione lascia molto a desiderare. La ragione è che il processo elettorale è molto trasparente e non si presta a fenomeni di corruzione, eliminati dal massiccio uso di tecnologie informatiche. Computerizzati nel milione di seggi elettorali non sono solo i nomi degli 814 milioni di elettori, ma anche le loro impronte digitali e i loro occhi. L’“elefante indiano” dimostra di meritare in quest’occasione il soprannome di “ufficio del mondo”, mentre l‘altro gigante asiatico, “il dragone cinese”, è la “fabbrica del mondo.
NESSUNA PREVISIONE
Nelle attuali elezioni indiane, come in quelle precedenti, non si sono verificati episodi di violenza, malgrado che la campagna elettorale sia stata particolarmente accesa e che nel Paese esistano sacche di guerriglia, specie quella maoista-naxalita nelle giungle delle regioni centrali e nordorientali della penisola.
Sull’esito delle elezioni, non sono possibili previsioni attendibili. Il sistema politico indiano è bipolare a livello nazionale, ma i partiti locali hanno una crescente importanza.
IL PARTITO DEL CONGRESSO
Il Partito del Congresso, socialistiggiante, è al potere dall’indipendenza, eccetto dal 1996 al 2004. E’ un partito dinastico, dominato dalla famiglia Gandhi. Sonia Gandhi è la presidente del Partito; suo figlio Rahul è il candidato a divenire premier, sostituendo l’ottantenne Manmohan Singh, che da ministro dell’economia fu artefice nel 1991 della riforma dell’economia indiana, aprendola maggiormente a quella mondiale.
IL PARTITO DEL POPOLO
Il secondo partito nazionale è il Partito del Popolo Indiano (BJP), nazionalista in politica interna, più assertivo in politica estera, liberista in economia, legato alla finanza e alle grandi industrie e radicato soprattutto nelle città. Il suo leader è Narendra Modi. E’ un ottimo oratore, che surclassa il timido Rahul Gandhi. Vuole affermare l’India come grande potenza non solo economica, ma anche militare, all’intera Asia Meridionale: dall’Afghanistan allo Sri Lanka, al Bangladesh e alla penisola indocinese. Modi dichiara poi di voler estendere l’influenza indiana all’Africa e all’America Latina e di rafforzare i rapporti con il Giappone e l’Australia. Il suo programma di politica estera parla di una rete di alleanze, che consentirebbe di esprimere tutte le potenzialità indiane, in maniera indipendente dalle altre grandi potenze, in particolare dagli USA. Per il resto rimane nel vago, forse per poter disporre della massima flessibilità in caso di vittoria. E’ certo che aumenterà la competizione con la Cina, soprattutto per il controllo dell’Oceano Indiano Orientale, come gli indiani denominano il Mar Cinese Meridionale, uno dei punti “più caldi” della terra, su cui Pechino rivendica una piena sovranità.
LA POLITICA ESTERA
Il programma di politica estera del Congresso è ancora più vago. Parla di “solidarietà con le nazioni socialiste del mondo”. Riflette le recenti tensioni fra l’India e gli USA.
Il punto centrale della campagna elettorale ha riguardato, come peraltro avviene ovunque, la situazione economica. Il Partito del Congresso vuole mantenere l’attuale generosa politica sociale, basata su ampi sussidi statali. E’ però penalizzato dal calo della crescita, dal peso della burocrazia, dalle accuse di corruzione e dal ridotto livello d’integrazione con l’economia mondiale, nonché dalla resistenza allo sviluppo del paese da parte degli interessi e delle forze localistiche. Il Partito del Popolo afferma la necessità di una maggiore apertura al mercato mondiale dei capitali e delle tecnologie e dell’aumento dei poteri del governo federale, nonché la priorità di un massiccio programma infrastrutturale e della diffusione fra le masse rurali della preparazione professionale.
UNA NUOVA CINA?
Sembra quasi che voglia trasformare l’India in una nuova Cina. Anche se ottenesse una completa vittoria nelle elezioni è dubbio che ci riesca. L’India è frammentata. La geografia e la storia hanno sempre impedito una forte autorità centrale. Anche gli imperi dei Moghol prima e britannico poi hanno dovuto rispettare le forti autonomie locali. Gli Stati ne sono gelosissimi. Al loro interno sono però tutt’altro che omogenei. Le campagne si oppongono alle città.
La situazione politica e le previsioni sull’esito delle elezioni sono complicate dall’importanza dei partiti locali. E’ probabile che nessuno dei due maggiori partiti raggiunga la maggioranza necessaria per formare un governo. Esso sarà possibile solo costituendo coalizioni con i partiti locali. Ciò rende difficile qualsiasi previsione. I sondaggi danno per vincitore il BJP, ma il Partito del Congresso, meno centralizzatore, ha maggiori possibilità di coalizzarsi con i partiti localistici.
IL CASO MARÒ
Un argomento di particolare interesse per l’Italia riguarda la sorte dei due marò tuttora in India. In India, come ovunque nel mondo, il nazionalismo è in aumento. Il timore di suscitare reazioni nella popolazione e di lasciare al BJP il monopolio del patriottismo ha di certo influito sull’incredibile “tira e molla”, sul processo dei nostri due militari. A parer mio, le elezioni dovrebbero consentire di superare parti delle difficoltà derivanti dal timore di sembrare poco patriottici. Sarà comunque più facile al nazionalista BJP rispettare le regole internazionali senza essere accusato “da destra”. Il suo programma di apertura economica dovrebbe indurre un governo BJB ad essere più disponibile a rispettare il diritto internazionale. Lo potrà fare tanto più facilmente quanto più l’Italia riceverà il sostegno dell’UE, che sta tuttora negoziando con l’India accordi di partenariato economico e commerciale.