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Popolari, Cesa e Centrodestra popolare

La meritoria iniziativa del nostro direttore Michele Arnese, finalizzata a mettere insieme le forze politiche dell’area moderata in occasione delle elezioni europee va tenuta in grande considerazione, soprattutto perché si avvicinano momenti molto critici nell’ambito del centrodestra. L’appello che Arnese sta rivolgendo con convinzione e tenacia a tutti i soggetti in grado di dar vita a un centrodestra popolare va assecondato, se non si vuol uscire soccombenti dalla competizione europea e lasciare via libera alla pericolosa, confusa, pasticciona, sciatta politica di Renzi e del PD. La richiesta del Direttore ovviamente non può lasciare indifferenti i cattolici in politica. Si spera che un’ennesima delusione vada evitata a chi nell’area del cattolicesimo democratico, liberale, popolare ha creduto nelle precedenti esperienze di Todi 1 e Todi2, per capirci. Gli egoismi sono duri a morire, il narcisismo politico peggio ancora. Non è questione nuova e semplice nel movimento politico dei cattolici mettere insieme organizzativamente le volontà degli aderenti. La ricchezza forse di pensiero che alberga al suo interno induce alla divisione, anche se tale scelta condanna inesorabilmente alla irrilevanza, come è accaduto nell’ultimo ventennio. A Sturzo e a De Gasperi non andò meglio, essi seppero però sconfiggere egoismi beceri e iniziative bislacche con il carisma posseduto, puntando sulla generosità d’animo degli amici. E fu possibile dar vita prima al PPI(Partito Popolare Italiano)e alla DC poi(Democrazia Cristiana). Oggi c’è gente capace di camminare sulle orme dei due storici esponenti politici cattolici? Non credo! E allora bisogna puntare sulla generosità d’animo degli amici. Deve essere chiaro che non è in gioco l’elezione di qualche candidato amico al Parlamento Europeo, ma qualcosa di molto di più rilevante, in Europa e in Italia. A Strasburgo bisogna ridiscutere tutta la materia dei trattati, dopo l’allargamento a 28 dei paesi dell’UE, della nuova politica sociale ed economica, che non può essere appannaggio di una ristretta oligarchia di burocrati, ma deve riguardare la competenza degli organi eletti a livello popolare. In Italia, invece, il progetto delle riforme inaugurato da Renzi e dal suo governo ha bisogno di una registrazione attenta ed oculata, apportando le necessarie rettifiche, se non si vuole andare incontro alla cancellazione di spazi di libertà e di democrazia, così faticosamente conquistati dai nostri nonni e dai nostri padri. Riformare non vuol dire distruggere con frenesia e alla cieca, vorrei dire con furia iconoclasta, le istituzioni democratiche, solo perché bisogna fare cassa, e guadagnare in tal modo qualche titolo di giornale o qualche passaggio televisivo nell’era della politica costruita sull’immagine e soltanto su questa. Riformare significa avere chiara la condizione del Paese e legiferare con coerenza in rapporto alla sua evoluzione culturale, etica, politica, economica e sociale. I moderati, uso contro voglia questo termine ma serve per capirci, sono la maggioranza in Italia e non possono soccombere, continuando a svolgere il ruolo di agnello sacrificale e permettendo ad una sinistra inconcludente, boriosa, arrogante, spocchiosa, confusionaria, litigiosa di essere immeritatamente vittoriosa. Le aperture del segretario dell’Udc Lorenzo Cesa nei confronti del “mondo di Forza Italia” perciò non vanno demonizzate, ma considerate nella loro giusta portata. Anche perché se Renzi e il PD si accordano politicamente con Berlusconi e il suo partito, non si comprende perché il centrodestra si debba privare di una sua potenziale e importante componente, spianando la strada verso la vittoria alla sinistra e condizionando in tal modo gli equilibri politici nazionali futuri. Perseguire una sana realpolitik nell’interesse degli italiani è giusto e corretto, sul piano etico e politico.


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