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Berlusconi e il berlusconiano Renzi. L’analisi di Carlo Lottieri

Matteo Renzi? Galleggia in un’Italia ormai compromessa, dice a Formiche.net Carlo Lottieri, filosofo liberale e saggista. Il direttore del dipartimento di teoria politica dell’Istituto Bruno Leoni scompone i primi tre mesi a Palazzo Chigi del sindaco d’Italia e indica i punti deboli del renzismo.

Renzi finge di essere liberale, ha osservato Silvio Berlusconi, in realtà è un veterosocialista: ha ragione?
Probabilmente è un’espressione inadeguata, in quanto lo caratterizzerebbe in maniera ideologica. Un qualcosa che onestamente mi sembra difficile. Renzi non presenta un profilo ideologico definito, né ha interesse ad averlo: è un politico che ha delle capacità, e che con una sua abilità cerca di galleggiare nella convinzione che sia possibile farlo in una situazione che definisco totalmente compromessa.

Perché avrebbe avuto successo solo vent’anni fa, come lei ha sottolineato dalle colonne del Giornale?
Due decenni fa le cose che sta facendo sarebbero potute servire a lui stesso per costruire una carriera politica e forse al Paese come un moderato gradualismo che avrebbe impedito molti disastri. Oggi la situazione è talmente compromessa che questo tipo di politica non sarà utile né a lui né all’Italia.

La briciola del taglietto Irap alle aziende e gli annunci sul popolo delle partite Iva come si sposano il cambiamento vantato da Renzi?
Non si sposano affatto, perché il problema vero di Renzi è da un lato la sua incapacità di leggere la gravità della situazione italiana, dall’altro l’impossibilità per la maggioranza che si porta dietro di accettare ciò di cui c’è realmente bisogno. L’Inghilterra alla fine degli anni ’70 era, per certi aspetti, in una situazione simile alla nostra, ma la Tathcher mostrò altre caratteristiche rispetto a Renzi.

Il premier ha spesso ricordato di volersi ispirare alle riforme dell’ex cancelliere tedesco Schroeder: il jobs act ad esempio potrebbe rientrare in quei provvedimenti?
Nella sua abilità/furbizia, Renzi fa bene a riferirsi a Schroeder, un socialista che è stato padre di alcune importanti riforme. Il problema vero è che l’Italia non è la Germania, ma è totalmente disastrata: ci vorrebbe ben altro rispetto persino alle riforme messe in campo da Schroeder con un certo coraggio, tanto da causargli la disfatta alle urne. Oggi assistiamo al disastro e mi sembra che la consapevolezza manchi del tutto. Il Jobs act è talmente annullato dalle resistenze della Cgil e della sinistra che non porterà a nulla.

Altro fronte caldo l’attacco alle banche e i robusti tagli alla Difesa.
I tagli alla Difesa credo siano un qualcosa di ragionevole, sappiamo benissimo che non siamo difesi dall’esercito italiano. Lo Stato moderno nasce attorno al problema della difesa, delle armi e della sicurezza. Ciò su cui dovrebbe riflettere il premier, ma non solo lui, è che in discussione è il senso stesso dell’Italia. L’operazione dei tagli ha un senso nel breve periodo, ma dipenderà da come replicheranno gli Usa.

A proposito di riforme (mancate) e liberali, oggi Galli della Loggia sul Corriere della Sera punta l’indice contro i governi di destra degli ultimi tre lustri: che ne pensa?
Ha ragione, sono stati un fallimento. Basti pensare che si è affidato un ruolo delicatissimo come l’economia ad un antiliberale di professione come Giulio Tremonti, smarrendo tutte le occasioni di cambiamento. Se siamo giunti a questo disastro credo che una rilevantissima quota di responsabilità sia proprio del centrodestra italiano.

twitter@FDepalo

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