“Il rispetto istituzionale fa parte della democrazia e penso che un’etica qualche volta vada fatta apparire. Qui invece vedo solo prediche e accuse, tra l’altro abbastanza infondate”. Commenta così l’attacco del premier Matteo Renzi al Presidente del Senato Pietro Grasso uno dei maggiori politologi italiani, Gianfranco Pasquino, che ragiona con Formiche.net non solo sull’atteggiamento renziano emerso dall’intervista concessa al Corriere della Sera, ma anche nel merito di una riforma, quella del Senato, che non ritiene affatto risolutiva, anche dopo l’approvazione di ieri in consiglio dei ministri del disegno di legge costituzionale.
Renzi sul Corriere sbeffeggia i professorini di sinistra come Zagrebelsky: solo un punto di vista diverso o una rottura insanabile?
Credo che naturalmente i Professori possano essere criticati, anche quando parlano di politica e di Costituzione, ma non in quanto Professori bensì perché dicono cose più o meno condivisibili. Ciò che non si condivide, però, va spiegato, non serve fare un attacco personale alla categoria che giudico sgradevole. Ricordo quello che dicevano una volta i democristiani, il “Culturale” di sinistra. Ecco, eviterei questo se fossi in Renzi.
Renzi critica la sinistra del partito difendendo il decreto sui contratti a termine, considerato intoccabile da Ncd e Forza Italia: c’è troppa intesa con l’opposizione?
No. Temo che Renzi sappia che senza quel tipo di rapporto con l’opposizione avrebbe ancora più difficoltà a governare. Ciò è un male, perché dovrebbe invece avere la capacità di tenere assieme la sua coalizione che, mentre alla Camera è sufficientemente ampia, al Senato ha una minore forza.
Ha ragione il premier ad attaccare Grasso sul Senato?
Su questo ha torto almeno su tre piani. Il primo attiene al come il ministro Boschi rimprovera alla seconda carica dello Stato di essere un nominato, dal momento che la stessa è nominata due volte, come parlamentare e come ministra. I nominati ci sono dappertutto, in quanto la legge elettorale non solo lo ha consentito ma lo ha imposto. In secondo luogo, se criticano Grasso in quanto nominato non possono dimenticarsi che la legge elettorale che ha proposto Renzi, e supponendo che l’abbia proposta la stessa Boschi, consentirà parlamentari nominati anche alle prossime urne. In realtà è ciò che Berlusconi vuole. Infine credo ci sia un’etichetta istituzionale che non consenta a nessun premier di criticare in questo modo il Presidente del Senato. Il rispetto istituzionale fa parte della democrazia e penso che un’etica qualche volta vada fatta apparire. Qui invece vedo solo prediche e accuse, tra l’altro abbastanza infondate. Dopo di che Grasso ha un solo dovere: difendere una buona riforma del Senato. Quella che ha proposto Renzi non lo è.
Cosa non condivide della riforma del Senato?
Qui occorre essere molto coerenti con un certo tipo di impostazione, ciò che Renzi sostiene di essere ma non è vero. L’unico punto sul quale fa leva è il risparmio sui costi del Senato, ma per risparmiare quei denari potremmo anche tagliare il numero dei deputati o soprattutto dei dipendenti del Senato stesso. Penso che cento parlamentari in meno non sarebbero un problema, in Francia sono 577, in Germania 600. Lo dico perché quelli sono Paesi con cui vale la pena confrontarsi.
C’è anche un problema di criteri?
Sento che adesso il numero magico è 148. Mi chiedo il perché. Un Senato di questo genere non potrebbe avere rappresentanti nominati dal Presidente della Repubblica. Fin quando Renzi non spiegherà il senso di questa riforma, sarà solo carta straccia.
La concertazione tanto cara alla Cgil è finita, ma Renzi ne ha anche per Confindustria: è iniziata una guerra sotterranea?
Se concertazione vuol dire che la parola decisiva sui provvedimenti del governo viene messa dai sindacati o da Confindustria, è bene che finisca. Ma essa può anche essere intesa come un tipo di procedimento di consultazione, ovvero che il Premier ascolta. Un passaggio corretto, perché da solo non può capire tutto. É una banalità, come lui aggiunge, dire che poi alla fine è il governo che decide. Ma certo. Attenzione però, perché in democrazia il governo decide ma poi – magari – spiega in Parlamento il perché di scelte e direttrici alle parti sociali. Contrariamente non si riconosce a deputati e senatori la capacità di apporre miglioramenti e cambiamenti.
A livello istituzionale e mediatico Renzi usa toni e temi “berlusconiani”?
Il dibattito non mi appassiona. Registro una rottura con determinati elementi della vecchia politica, ed è un bene. E’ un male, invece, il voler intimare come Renzi fa quando minaccia di andarsere, non lo ha fatto neanche Berlusconi. Renzi non dimentichi di essere arrivato a Palazzo Chigi grazie a un colpo di Palazzo che per di più aveva anche dichiarato di non voler fare e poi ha fatto: ha una grande coda di paglia.
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