L’ennesimo scandalo di corruzione, l’ennesimo arresto per tangenti, hanno riproposto il dibattito sulla corruzione, la trasparenza, la legalità e, perché no, il lobbying.
In genere questi sono i momenti in cui qualcuno tira fuori qualche dato sul tema corruzione. La mania di misurare la corruzione del resto non è una moda passeggera, né un fenomeno recente. In tanti si cimentano sul tema. A partire da Transparency International, che ogni anno pubblica il Corruption Perception Index, passando per l’OCSE, la Banca Mondiale, ultimamente anche la Commissione europea.
Nonostante le fonti siano molto diverse, i sistemi di calcolo anche, i risultati sono sostanzialmente omogenei. In Europa per esempio il divario tra le democrazie nordiche e i Paesi del Sud è una costante. I primi registrano sempre ottimi risultati. I secondi – tra cui l’Italia – invece mostrano una buona propensione alla corruzione, la clientela, l’opacità.
Il problema è che tutte le misurazioni di questo tipo sono viziate alla base e propongono un risultato discutibile. Andiamo con ordine, il vizio di fondo: non esiste alcun dato definitivo che ci consenta di dire quanto è “corrotto” un Paese. Per cominciare, la stessa corruzione può essere definita in modo diversi, a seconda della sensibilità del legislatore. Per cui non è detto che cosa è corrotto in Finlandia coincida esattamente con cosa è considerato corrotto in Grecia. Nemmeno i numeri delle misure detentive sono attendibili. Nè le relazioni emesse a vario titolo da magistratura, centri di ricerca o dai media possono bastare. Per cui la cosa migliore che si possa fare è considerare tutte le informazioni a disposizione (che ovviamente variano da Paese a Paese) per avvicinarsi quanto più possibile al dato reale.
Di qui la seconda pecca. Cioè che quasi tutte le misurazioni si basano su supposizioni. Danno cioè peso non solo alle informazioni “ufficiali”, ma anche alla percezione che gli operatori economici (gli imprenditori, a volte anche i cittadini) hanno del fenomeno. Evidentemente l’opinione di un italiano non potrà mai essere lusinghiera come quella di uno svedese, tanto e tale è l’abisso che li separa in fatto di fiducia verso il sistema istituzionale.
Le analisi meno parziali sono quelle che provano a combinare i vari fattori, senza pretendere di misurare, ma limitandosi a registrare la percezione di un fenomeno. Per esempio questi dati della Banca Mondiale che combina la (percezione della) corruzione, la qualità (percepita) della legalità e della regolazione.