Lo storico accordo sull’esportazione di gas russo in Cina è solo l’ultimo capitolo dell’uso strategico che Mosca fa delle sue cospicue riserve energetiche.
Nei giorni scorsi è passata quasi in sordina un’intesa tra il colosso Gazprom e l’Egitto. Un intreccio che dice poco se si guarda al valore economico, ma che porta con sé un forte significato simbolico e geopolitico per la diplomazia economica di Mosca.
I numeri, per il momento, sono ridotti. L’azienda di Stato russa fornirà a quella egiziana EGAS sette carichi di gas nel 2015.
Nonostante ciò Paul J. Saunders, direttore esecutivo del Center for the National Interest e Senior Advisor del Dipartimento di Stato durante l’amministrazione di George W. Bush, consiglia di seguire l’evoluzione dell’accordo molto da vicino.
“In futuro – spiega in un’analisi su Al-Monitor – si potrebbe dar corso a un accordo più grande. Mosca ha una lunga storia di esportazioni a prezzi al di sotto del valore di mercato per i suoi amici speciali, inclusi i suoi ex alleati del Patto di Varsavia – che ora pagano il gas a prezzo pieno in quanto membri della Nato – e l’Ucraina“.
Alcuni funzionari di EGAS hanno spiegato tuttavia di essersi rivolti a Gazprom solo dopo che le trattative con una società algerina si sono arenate per il forte interesse di quest’ultima a vendere gas al mercato europeo, interessato a emanciparsi dalla dipendenza energetica da Mosca.
In ogni caso, fa notare Saunders, l’Egitto ha “ringraziato” prontamente il Cremlino non votando una risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che invitava tutti gli Stati membri dell’Onu ad astenersi dal riconoscere l’annessione della Russia di Crimea, un provvedimento, che è stato implicitamente criticato da Mosca.
Non solo. L’accordo energetico apre la strada a una più intensa collaborazione militare. Un recente articolo del quotidiano filogovernativo Izvestia, spiega come “la Russia progetti di rinnovare la sua presenza militare in Egitto” attivando “una cooperazione su vasta scala” che potrebbe includere anche la vendita di armi, e che cercherà di portare le relazioni tra i due Paesi a “un livello simile a quello degli anni ’50 e ’60“.
Un’evoluzione che potrebbe tornare utile nella lotta al terrorismo jihadista che Mosca vuole contrastare – e che sarà più semplice con una controparte come il generale Abdel Fattah Al-Sisi – ma che la Casa Bianca dovrebbe controllare attentamente. I negoziati sempre più intensi tra Usa e Iran hanno portato a far scricchiolare i rapporti tra Stati Uniti e sauditi, con quest’ultimi sempre più vicini alla costituzione di un asse con la Russia che avrebbe proprio nel Cairo il suo anello di congiunzione.
L’Egitto, come dimostrano la crisi libica e altri dossier (compreso quello siriano), è per molti analisti un interlocutore fondamentale per gli equilibri regionali. Lasciare che sia stretto completamente dall’abbraccio di Mosca sarebbe forse poco saggio per Washington.